Regia di Sébastien Marnier vedi scheda film
A cavallo tra il thriller esistenziale e l' horror metafisico. Film molto strano.
Incipit scioccante: mentre i suoi alunni sono alle prese con un compito, il loro professore di lettere apre una finestra dell'aula e si lascia cadere nel cortile sottostante, andrà in coma irreversibile, viene nominato il supplente Pierre, che ha il volto di Laurent Lafitte chiamato a sostituire il collega per la classe di studenti, che a detta del preside sono degli allievi modello, di intelletto superiore. Infatti Pierre scopre, rendendosi ridicolmente inadeguato, che sono molto avanti col programma e che oltretutto sono schivi e alteri, poco propensi a socializzare soprattutto con lui, giudicato con distaccata sufficienza, Pierre non riesce minimamente a scalfire la barriera che hanno eretto con un atteggiamento tra l’ostile e lo sprezzante, subisce delle schermaglie verbali, da cui esce sempre perdente, a un certo punto sembra colto da paranoie, ha un sonno pieno di incubi, e si cristallizza in una sorta di fissazione/soggezione nei loro confronti, li segue li vede più volte sfidare la sorte in strani e pericolosi rituali, ne spia i loro DVD custoditi in una botola, cominciano a fargli paura , li teme. Con il trascorrere dei minuti, si intensifica sempre di più il senso di mistero, l’angoscia e la profonda inquietudine che incombe sull’istituto. Circondato da comportamenti bizzarri, anche dei docenti, un’insegnante prima lo perseguita con strane telefonate poi cerca di sedurlo e a un suo rifiuto reagisce con un assurdo gesto di autolesionismo, la professoressa di musica sembra tarantolata e il preside assolutamente disinteressato agli studenti, si preoccupa solo che gli facciano fare una bella figura agli esami. Gli allievi hanno eretto una parete di omertà, chiusi in un indefinibile fatalismo nichilista. E è proprio, questa morbosa complicità che scatena l'ossessione di Pierre Hoffman. Riecheggiano note di cinema alla Michael Haneke, per l’ ambiguità che caratterizza situazioni e personaggi, per la freddezza con cui la macchina da presa riprende avvenimenti ed azioni, senza mai aggiungere enfasi, ma assumendo una prospettiva apparentemente distaccata, per creare il giusto climax con una tensione crescente ,solo suggerita ma ben palpabile, tenuta in sospeso fra la potenziale paranoia di Pierre e la possibilità di un reale pericolo. E in questo dramma rigoroso dalle sfumature quasi surreali, Marnier, usa le ellissi, i sottintesi con una musica appropriata, che amplifica il senso di straniamento: un coro scolastico che si esibisce sulle melodie di due cavalli di battaglia del repertorio di Patti Smith, Pissing in a River e Free Money,. "L'ultima ora" di Sébastien Marnier tratta temi di attualità, come la salvaguardia del pianeta o il destino delle nuove generazione, come pure il’ conflitto tra genitori e figli, il regista colloca la vicenda all'interno di un prestigioso collegio francese dove, a punteggiare gli inquietanti fatti che seguono il suicidio del docente, ci sono versi e citazioni di Kafka. Il regista circoscrive lo sguardo all'interno del paesaggio che circonda l'istituto,
per accrescere la dimensione claustrofobica e il disagio. Lo strisciante malessere che prova il protagonista, viene efficacemente trasmesso allo spettatore
Alla routine quotidiana dei personaggi, scandita dagli appuntamenti dell'orario scolastico e dalle consuetudini della vita privata, si contrappone un’ eterogeneità delle immagini, una discontinuità del montaggio, strumentale nello destabilizzare lo spettatore, il regista parigino evita la retorica ed alimenta i dubbi su quello che sta accadendo, realtà o delirio?
Marnier interroga i fatti con le forme del thriller esistenziale. Il film è a tratti disturbante, le reiterate inquadrature sugli scarafaggi sono abbastanza sgradevoli e soprattutto enigmatico, tuttavia mi sembra un lavoro cinematografico “sperimentale” di sicuro interesse
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