Regia di Samuel Galli vedi scheda film
Un originale horror brasiliano suddiviso in due distinti momenti e interpretato con certa immedesimazione da un convinto protagonista. La possessione demoniaca è qui presente e -motivo di menzione- rappresentata come mai prima d'ora.
Arthur (Ademir Esteves) sprofonda negli abissi del Deep Web, sino a soffermarsi sul video di uno snuff girato in Sud America. Dopo aver identificato il sadico assassino in Charles (Ricardo Casella), in cambio di una elevata cifra Arthur lo incarica di svolgere un "compito" particolare. Parte del compenso è custodito e, per poterne entrare in possesso, Charles dovrà seguire le istruzioni che il mandante ha lasciato su una pen-drive, in particolare nel contenuto della terza cartella, protetta da password.
"Un giorno ho trovato l'anima più pura... e la più nera entità." (Arthur / Ademir Esteves)
Stravagante esemplare di horror tutt'altro che imitativo o citazionista, al contrario frutto di un personalissimo lavoro di scrittura e messa in scena, opera del debuttante sceneggiatore/regista brasiliano Samuel Galli. Certo, la tradizione del cinema dell'orrore brasiliano è un buon indice in merito all'originalità della cinematografia del luogo, da noi misteriosamente sempre oscurata eccezion fatta per la tardiva rivalutazione riservata a José Mojica Marins, avvenuta circa a metà Anni '90 (grazie ai tipi di Amarcord e ad Enrico Ghezzi con il suo Fuori orario). Il riferimento al cinema di Zé do Caixão (ampiamente recensito su Film TV in passato) non è aleatorio perché in questa estrema, visionaria e straniante opera prima compaiono temi e caratteristiche (accostabili anche nei dialoghi) tipici del filone diretto da Marins.
Per restare però confinati a questo pregevole Mal nosso (titolo originale poi convertito nell'internazionale Our evil, ovvero Male nostro) va segnalato lo spiazzante dualismo di cui l'opera è intrisa, a cominciare da due tempi narrativi suddivisi in una prima parte con predominante tema "torture porn", poi destinata a convertirsi in paranormale, grazie alla presenza di una entità demoniaca -prosaicamente messa in scena come trasfigurazione di un quadro di Hieronymus Bosch- che si impossessa di una donna per proseguire l'ossessione nel corpo della figlia. Ma il dualismo più efficace è quello psicologico, generato dalle vere identità (nascoste) dei personaggi, con menzione di merito per l'eccellente Ademir Esteves nel ruolo del corpulento, inquieto (e inquietante) aspirante suicida protagonista, che ci viene presentato inizialmente da una oscura prospettiva mentre scruta nel fondo del Web, scorrendo tra temi confinati nell'illegale (quando non nella leggenda metropolitana): droghe, armi, sesso con animali, pornografia estrema e ovviamente omicidi, con snuff allocati in Sud America ed Europa.
Per fortuna il regista decide di svoltare pagina allo scoccare del primo tempo, diversamente Mal nosso sarebbe stato un film insostenibile per il cinico (e triste) realismo di fondo che lo apparenta (solo per questa prima parte) a opere di un patetismo infinito, tipo i Guinea pig o A serbian film. Lo squallore degli ambienti nei quali si muove Charles, la brutale ferocia sulle donne -alle quali l'omicida che produce snuff riserva capelli strappati, cazzotti in volto e penetranti lame di coltello- creano un clima di malsana afflizione accentuata da una colonna sonora di contrasto a causa delle ipnotiche tonalità sacrali. Pur essendo il finale estremamente visionario e fuori da ogni contesto di verosimiglianza, Mal nosso riesce a sorprendere per le idee innovative che ne stanno alla base e per la contraddittoria e ondivaga descrizione fatta del personaggio principale.
Inutile aggiungere che la dicotomia tra la parte "realistica" (girata in maniera minimalista e -per questo- ancor più penetrante) e quella "demoniaca", contribuisce a rendere l'esperienza della visione un unicum. Un film che americani ed europei non riescono oggi più a concepire, che mantiene inalterato il clima di mistero e terrore tipico del territorio brasiliano, fortemente contaminato dal "male" (talvolta anche nostro) che sta al centro di quel sincretismo religioso che traspare dietro ogni fotogramma dell'opera.
Citazione
"Non ricordo dove ho sentito dire che noi siamo come una radio: riceviamo energie, frequenze. Io ricevo frequenze diverse, tutto è iniziato quando ero bambino..." (Arthur / Ademir Esteves)
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