Regia di Lukas Feigelfeld vedi scheda film
Il giovane Feigelfeld, austriaco, classe 1988, al di là della riuscita o meno di questo misterioso "Hagasuzza", è un talento. Questo film sfiora a tratti la videoarte di Grandrieux, per esempio, e il nostro trentenne riesce a tenere le briglia di un prodotto certamente ambizioso e coraggioso. Complimenti. Detto questo, entrando nel merito di "Hagazussa", dico subito che è un film ostico e fin troppo misterioso, che concede pochi appigli e lascia che siano i simbolismi e l'estetica a far sì che, alla fine, sia un film molto interessante. Difficile pure metterlo in qualche categoria, anche se certamente l'horror, sui generis, è la casellina più semplice da riempire. Le alpi austriache, suppongo, un medioevo suggerito dalla peste e dai costumi, la natura preponderante e decisiva, e il racconto di una crescita, quella di Albrun, isolata con la madre, presunta strega, in un casolare in mezzo ai boschi. Film diviso in quattro parti, "Ombra", "Corno", "Sangue" e "Fuoco", di cui la seconda è decisamente la migliore e il perno attorno a cui girano tutte le altre. Un Cinema, se si vuole, differente per ogni segmento, arrivando fino all'allucinazione delle ultime due sezioni, quelle decisamente più complesse. Un'opera affascinante e gotica, paludosa e sensuale, scura e disperata, dove i paesaggi dominano sulle pulsioni, sulle credenze popolari e sulla fede. Pochissimi dialoghi, molta materia sul fuoco che brucia lento, forse troppo. Non tutto è centrato, Feigelfeld si affida troppo ai simbolismi e al folklore, ma quando la notte si schiarisce, la luce brilla molto intensa. Non per tutti.
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