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Hagazussa: La strega

Regia di Lukas Feigelfeld vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Hagazussa: La strega

di zombi
9 stelle

siamo capaci di scaricare su altri lo schifo che proviamo dentro di noi. lo tacciamo di stregoneria e invochiamo la purificazione

come dice una delle protagoniste, il posto dove è ambientata questa storia, è proprio bello. montagne e boschi.

tutto potrebbe essere idilliaco, ma per albrun, le probelmatiche cominciano in giovane età.

vive in una casa isolata nei boschi con la madre, sono autosufficienti. vivono dei prodotti delle loro pecore e di ciò che il bosco dona loro.

ma il bosco nasconde una minaccia, soprattutto per una donna sola con una figlia e senza marito.

le antiche paure degli uomini, sono sempre a ricordarle cammuffate da carnevalate semi pagane, a ricordarle che lei è considerata una strega.

ma poi la madre si ammala di peste e muore e per albrun inizia l'età adulta.

in quei boschi tetri e in quelle montagne che sembrano toccare il cielo, albrun diventa una donna e anche lei rimane sola con una figlia e anche lei rimane vittima degli occhi e delle menti deboli dei paesani, plasmate nelle loro paure arcaiche e ignoranti, dalle sapienti parole del prete.

difatti le si avvicinna una paesana, che prima la difende dalle aggressive attenzioni di suoi conoscenti, e poi facendole credere di essere sua amica, cerca di instillarle le sue paure antisemite e dopo con la perfidia tipica di chi pubblicamente allontana il peccato, nascosta dalle ombre degli alberi, offre albrun alle attenzioni di un contadino che ha tutta l'aria di essere lo scemo del villaggio e perchè no, un irrazzato nato da rapporti icestuosi tra le mura del cristiano villaggio.

ed è proprio con l'incontro e la consocenza delle perversioni della donna illuminata da dio che albrun perde il senno.

il regista e sceneggiatore lukas feigenfeld, costruisce la sua fola gotica su pochi ma efficaci punti.

i boschi che nascondono le paure degli uomini, creati proprio dalle sue tenebre, verticalizzate dai tronchi e le montagne che possono rappresentare punti d'incontro con un cielo che ospita le divinità.

tutto ciò che non è compreso fa paura, ma se si incontra una persona che ti spiega e ti dice cosa devio fare e come devi farlo, per ingraziarti il dio che sta al di sopra delle montagne, quei boschi oscuri e umidi, possono solo rappresentare tenebre e oscurità, da tenere lontani, chiudendosi in casa.

albrun perde la madre che muore soffocata dal morbo bubbonico.

continuerà a sentirla resapirare di tanto in tanto, e tornerà in contatto più stretto con la sua morta mancanza, quando il prete le consegnerà il suo teschio che lei terrà in casa, come protezione o come minaccia da scatenare contro gli altri.

la timorata di dio che come una maitresse, la cede allo zotico minorato, in una sorta di estasi erotica, mentre albrun esterna l'orrore di essere stuprata, le sussurra  di come puzzano di marcio le streghe come lei.

poi per carità, in una delle scene sapientemente girate da feigenfeld, inchiodate al viso dell'attrice aleksandra cwen, che sembra le stiano estirpando l'anima dalle viscere, il fetore che la buona cristiana sussurra di sentire , è con tutta probabilità, il proprio marciume che cristianamente riversa su quelli che le è stato insegnato sono inferiori o pericolosi.

diviso in quattro atti, feigenfeld mostra e racconta la breve storia di questa ragazza che a causa delle paure ancestrali scatenate dalle menti acerbe degli esseri umane, conosce solo il lato peggiore degli uomini.

tradita nel proprio intimo proprio da colei che le si era avvicinata dimostrandole un falso affetto, albrun si riallaccia alle reliquie materne e pensa di scatenare il morbo che uccise la genitrice, gettando a monte della fonte di acqua un topo morto e orinandoci sopra, in un rito che lei crede propiziatorio per la propria vendetta.

la vediamo di fatti che cammina dietro ad un carretto che porta un cadavere femminile fino a giungere in uno spiazzo aperto, dove altri cadaveri vengono bruciati, falciati dalla morte nera.

nel suo peregrinare, ormai quasi del tutto sola, si mette un fungo in bocca e sotto l'effetto psicotropo, si liquefa in un viaggio lisergico amniotico, inabissandosi con la figlia in uno stagno torbido.

al suo risveglio, da quel sogno drogato ad occhi aperto, dove la presenza stregonesca della madre imposta dalle malìe religiose altrui, si confondono con le proprie ritenute causa ed effetto della morte delle genti del villaggio, si maledice in un pasto cannibalico, tanto inenarrabile quanto insostenibile.

il disgusto dell'empio pasto, ripreso in primo piano con sguardo fisso in camera, complice con noi che guardiamo increduli, si scatena in una scena madre necessaria, di una performance totale che era un pò che non ne vedevo di così intense.

solo il fuoco può mondare queste aberrazioni scatenate dalle menti umane alla ricerca violenta di conoscenza ovviamente a spese altrui.

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