Regia di Jack Lee vedi scheda film
Jack Lee... chi era costui? Eppure questo suo film è proprio bello, ed è pure esente da propaganda bellica e da sciovinismo. I giapponesi, è vero, sono cattivi, ma come ci si deve aspettare che essi fossero con i prigionieri inglesi? E poi siamo in guerra. In ogni caso non sono rappresentati in modo schematico e monolitico, perché anche tra loro c'è chi sa aprire il cuore alla pietà e alla compassione per chi soffre.
Comunque, siamo di fronte secondo me a un grande film, molto intenso e coinvolgente, che trasuda partecipazione e persino lirismo in molte scene. Il regista lo conduce con la mano molto ferma, cioè uno stile essenziale che mette in risaldo la terribile sofferenza di quel gruppo di donne e di bambini sballottati qua e là tra i villaggi e le postazioni di giapponesi sparsi per la foresta: la terribile stanchezza del cammino, la fame e la sete, la sporcizia, le vessazioni dei soldati, la morte per inedia o malattia... Il regista ha per tutti uno sguardo umano e partecipe, che vuole mostrare l'enorme sofferenza che le guerra provoca anche lontano dal fronte, tra la popolazione civile non combattente. Infatti non si vede una sola azione di guerra o combattimento, tuttavia la guerra è più che presente a nell'ostilità dei militari verso le povere donne e anche da parte della popolazione civile (in entrambi i casi, però, ci sono alcune felici eccezioni). Il film ha diversi momenti che colpiscono e commoventi, come la morte del giapponese guardiano del gruppo di prigioniere, che spira guardando la foto della sua famiglia lontana. Della guerra si vede tutta la crudeltà e la disumanità, senza tuttavia che si veda una sola goccia di sangue; la violenza rimane sempre fuori campo (come la crocifissione del prigioniero), ma fa ben sentire la sua presenza e il suo orrore. In ogni caso non si ha mai la sensazione del finto, dell'effetto ricercato, dello studiato a tavolino, o della commozione a comando: è un film sincero e umano, fatto di vera sostanza.
Come protagonisti troviamo un'intensa ed espressiva Virginia McKenna (già vista da qualche parte) e un bravo Peter Finch. I personaggi sono tutti definiti con pochi ma efficaci tratti.
L'ho reperito per vie molto traverse; sarebbe proprio il caso che qualcuno lo ripescasse dal dimenticatoio e lo facesse circolare un po'. Ricorda "E la vita continua" (1950), di Jean Negulesco.
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