Regia di Wes Anderson vedi scheda film
Tanti anni fa, in Giappone, il clan dei Kobayashi, amante dei gatti, tentò di sterminare i cani, ma non riuscì. In un prossimo futuro, l'ultimo discendente della dinastia, divenuto sindaco della città di Megasaki, torna all'attacco del genere canino, divenuta nel frattempo amica dell'uomo. Accusando tale razza di essere veicolo di una malattia, fa deportare tutti i cani, anch'essi malati, su un'isola precedentemente ridotta a discarica. In questo luogo, la vita per gli amici a quattro zampe è quasi impossibile, ma una possibilità di riscossa è data dall'arrivo sull'isola di Atari, figlio adottivo del sindaco, alla ricerca del suo cane Spot. Mentre Atari, insieme ad un "randagione", compie la sua ricerca, in città alcuni umani amici dei cani scoprono la verità sui complotti di Kobayashi. Un buon prodotto di animazione, che ho apprezzato non solo per la sceneggiatura, ma anche per il disegno, ricco di simboli che non è difficile cogliere. L'odio di Kobayashi verso la razza canide non ha alcuna motivazione; la sua origine si perde nel passato; tuttavia, il sindaco, anche grazie ad un nutrito seguito di sodali, riesce a convincere la popolazione della cattiva natura dei canidi, che vengono esiliati lì, dove nessuno può vedere nulla, in un degrado che si è preferito nascondere. Nulla di nuovo, in realtà. La Storia è ricca di episodi analoghi, alcuni molto recenti. Le maglie del potere sembrano impenetrabili; un bambino, simbolo di innocenza e di ideali positivi, riesce però creare la possibilità ai cani di sfuggire al destino che altri hanno scritto per loro. Tale innocenza, sorretta da una fortissima volontà, riesce infine a colpire lo stesso sindaco, che ammette i propri errori, rinunziando allo sterminio degli animali. Ciò si mostra disastroso per coloro che, privi di morale, hanno fatto del potere e della sopraffazione, ideali essi stessi. Questi "servi" non sopravviveranno al tracollo. Se le dinamiche umane sono facilmente comprensibili, più difficile è comprendere il punto di vista "animale". I cani si mostrano in grado di fronteggiare le difficoltà ed organizzarsi tra loro per combatterle; nella loro lotta non dimenticano, però, passioni e sentimenti. Riconosciuto e battuto il nemico, non nutrono alcun rancore verso il genere umano e sono felici di tornare dai loro volubili padroni, alcuni dei quali precedentemente non avevano avuto esitazioni nel liberarsene. In ciò gli animali si mostrano più "umani" degli uomini. Il ritmo del film è molto lento. Ciò ci consente di apprezzare la cura per il dettaglio riposta nei disegni, posta in evidenza anche dalla scelta di animare piccole porzioni di schermo su sfondi statici. La scelta di parlare per simboli ha portato all'utilizzo di tinte fosche e malsane. Gli animali appaiono segnati nel fisico dalla malattia e dalle difficoltà della vita; il bambino Atari, ugualmente segnato dalle tragedie vissute nella sua breve vita. L'isola dei cani appare invece quasi ordinata, ad attestare una precisa volontà umana di ridurla a discarica. Oltre al disegno, la passione per i dettagli emerge da altri elementi. I titoli e (presumo) la lingua sono resi in un miscuglio di giapponese ed inglese; la colonna sonora è ottima. Valida opera, per giovanissimi - che possono apprezzarla anche grazie al lieto fine, il quale poco si concilia con l'atmosfera "malata" della vicenda - e per un pubblico più maturo, senz'altro in grado di porre in relazione quanto si vede su schermo con eventi storici anche molto recenti.
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