Regia di Ken Loach vedi scheda film
Probabilmente è con La canzone di Carla che il cinema di Loach comincia a ripetersi e a cavalcare, anzichè idee, stereotipi: dopo una serie di buoni/ottimi lavori in rapida successione (Riff raff, Piovono pietre, Terra e libertà), ecco che in questa pellicola il regista inglese sembra meno ispirato del solito, intenzionato a fare 'un film alla Loach' piuttosto che a sfoderare qualcosa di nuovo. Ormai la sua poetica è fortemente codificata, personaggi e situazioni sembrano voler richiamare a forza l'impegno civile dei precedenti lavori anche andando incontro al rischio di fare, più che una variazione sul tema, una caricatura di esso; ecco quindi perchè l'autista George - splendidamente interpretato da Robert Carlyle, che proprio in quello stesso anno sfondava presso il grande pubblico con Trainspotting - non può e non deve prendersela, fin dalla prima scena, con il controllore troppo zelante e, in generale, con l'ingiusto mondo che lo circonda. E se la prima parte, definibile la parte scozzese della storia, è comunque non priva di interesse, nella seconda ambientata in Nicaragua i toni si fanno, se non patetici, per lo meno scialbi e prevedibili. Sceneggiatura, per la prima volta, di Paul Laverty: scriverà numerosi dei futuri lavori di Loach, da My name is Joe a Il mio amico Eric e via dicendo. Ruolo laterale, ma incisivo, per Scott Glenn. 5/10.
George, conducente d'autobus scozzese, si innamora di una ragazza del Nicaragua, Carla, che dapprima si ritrae e poi contraccambia. Carla è fuggita dalla guerra civile in patria: tornerà insieme a George per ritrovare i compagni guerriglieri, fra i quali il suo ragazzo.
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