Regia di Ken Loach vedi scheda film
Di grana grossa, tecnicamente parlando; ma dal valore etico-politico, nel messaggio, splendido.
Il pregio sta nell’evidenziazione di uno dei grandi drammi del 900: la violenza americana, declinata contro paesi e individui inermi, deboli. Così il capitalismo statunitense ha distrutto milioni di vite, fomentando guerre tra le più raccapriccianti, parlando in termini diritti umani. Con la copertura planetaria della menzogna retorica dei mass media, ben pagati e sostenuti, gli Stati Uniti sono stati la peggior macchina di distruzione e di propagazione dell’ingiustizia, della sopraffazione e della violenza del secondo dopoguerra, e fino ad oggi, su scala mondiale.
Questa elementare verità è quasi sempre ignorata, specie in occidente: per cui ben vengano opere come questa di Loach, isolatissime. Siamo lontani anni luce dal valore estetico di “Salvador” di Stone, su un argomento simile. Eppure ne condivide il vibrante messaggio di giustizia contro gli oppressori: autentico, valido ad ogni latitudine.
Bella è comunque la resa della vita della gente comune del centro America, tra crimini subiti, ignoranza coatta, e comunque bisogno di allegria e autenticità. Il Nicaragua, immortalato da Loach, resta comunque forse il più significativo, tra le tante dolorosi stazioni di quella terribile via crucis che è l’America latina, martoriata, impoverita, sottomessa, violentata e massacrata dalla furia capitalista, da un paio di secoli ad oggi.
Detto dei pregi, la pellicola accusa limiti vari. Innanzitutto la debolezza nella recitazione. Poi quella della fotografia. Poi quella di una certa parte della sceneggiatura: la storia d’amore scade un po’ nell’effetto dozzinale.
Pur permettendo sviluppi tanto epici quanto lirici, il soggetto non viene sostenuto a dovere da una resa all’altezza. Se non nelle scene finali: dell’attacco dei contras pagati dagli Usa; e nella canzone finale della protagonista e del suo ex compagno, oggettivamente commuovente. Infatti lei porge una loro lettera e canta e lui, privo di lingua, suona la loro canzone. Quella con cui hanno messo al mondo una bambina, che è segno della loro unione, così come segno della loro unione è la lotta per la giustizia e l’uguaglianza, per la quale con immenso coraggio hanno pagato già tributi di indicibile orrore. Al pari di milioni di altri mai citati eroi. Citati molto meno di tanti venduti, mercenari, politici, giornalisti, docenti che fossero: che dell’opportunismo e della sopraffazione iniqua, con il loro collaborazionismo viscido, hanno fatto scelta di vita. Ben pagata. Dagli Stati Uniti d’America come, anche se in misura minore, da altri stati, nel secondo dopoguerra sino ad oggi. Anche in Italia, eccome.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta