Regia di Fred M. Wilcox vedi scheda film
Uno sci-fi non politicizzato, ma introspettivo.
Una nave interstellare con le inusitate forme di disco volante arriva sul pianeta Altair a velocità luce per riportare sulla Terra i membri di una spedizione scientifica della quale non si hanno notizie da oltre vent'anni. L'unico superstite è il filologo Morbius (Pidgeon), che tra i deserti di Altair ha edificato una lussuosa dimora e lì vive con la figlia Alta (Anne Francis). Morbius mette in guardia il comandante dell'astronave Adams (Nielsen) dal pericolo che minaccia tutti quanti se dovessero rimanere a lungo: una forza maligna e oscura che ha sterminato tutti i compagni di spedizione del filologo risparmiando soltanto lui. L'ambiguo studioso racconta al comandante anche la storia del pianeta Altair: una volta era abitato dai Krell, razza di intelletto superiore, milioni di anni avanti ai terrestri, scomparsi misteriosamente in una sola notte. La situazione precipita: la forza oscura incomincia a decimare anche l'equipaggio di Adams. Infine il comandante perviene alla verità: la forza misteriosa è frutto dell'inconscio dello stesso filologo, incapace di controllare l'invenzione finale dei Krell, la Grande Macchina che materializza i pensieri umani e che determinò l'estinzione degli stessi Krell, e la scomparsa dei compagni di spedizione di Morbius.
La pellicola contempla i rischi di un progresso fuori controllo. La pretesa di grandezza dell'uomo, l'anelito a essere dio o sopra dio si scontrano ineludibilmente con la zavorra degli istinti umani: l'uomo tende verso il cielo per propensione naturale, ma è trascinato verso la terra dalle sue pulsioni. L'uomo di Forbidden Planet padroneggia la velocità della luce, e con essa apparentemente l'intero universo, può costruire robot capaci di parlare 180 lingue e di sintetizzare qualsiasi tipo di cibo, è in grado di aumentare a dismisura le sue facoltà intellettive attraverso macchinari, eppure non ha la minima coscienza del proprio sè. Gli sono più accessibili gli abissi dello spazio siderale che quelli della propria mente. Ecco, l'invito del film è un ritorno al Nosce te ipsum socratico: la conoscenza del mondo, il progresso rimangono mera erudizione se non supportate dalla conoscenza del sè. I mostri reali, non la creatura di Forbidden Planet, ma le bombe, le guerre, i genocidi, gli orrori della storia che cosa sono se non una proiezione dei nostri orrori inconsci con cui non siamo riusciti a venire a patti e trovare un compromesso, perché non li conosciamo, e nemmeno siamo capaci di sconfiggerli?
La scenografia del pianeta e della casa di Morbius è lisergica, allucinogena, quasi kubrickiana. A parte il messaggio estremamente attuale, sia allora sia oggi, il film denuncia una patologica lentezza, che si traduce non in uno stato di sospensione, ma in una mancanza di ritmo, in momenti di noia solo mitigati qui e là dalla presenza del geniale ed irresistibile robot Robby. Caposaldo dello sci-fi, probabilmente più notevole dal punto di vista delle influenze generate, che per il prodotto in sè, comunque godibile.
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