Regia di Paul Urkijo Alijo vedi scheda film
Favola nera, a metà tra horror e fantasy. Non male
L’Inferno, è uno dei concetti più discussi, elaborati, sviscerati, studiati e perfino abusati, nella storia dell’umanità. Spauracchio per tenere a freno la gente che altrimenti si scannerebbe,peraltro già lo fa, o vero luogo di espiazione che attende coloro che hanno commesso atti indegni, allorquando si trovano dall’altra parte. Quel posto di cui parlano con austero ammonimento,gli uomini di chiesa. Quello magnificamente descritto nel capolavoro di Dante Alighieri,l’abisso oscuro dove nostro Signore, nella sua immensa misericordia, ha deciso di tenere prigioniere le anime di coloro che in vita hanno peccato,le anime dei dannati. Il posto occupato da demoni feroci che puniscono e torturano gli sventurati e scellerati peccatori. L’Inferno: là dove chi entra, perde ogni speranza. Per questi diavoli, è facile ingannare gli umani: fingono di realizzare i loro desideri per avere in cambio la loro anima. In pochi sono riusciti a sottrarsi al patto mortale. Questa storia, come molte altre, inizia da un uomo speciale. Un uomo che ha saputo eludere il patto con grande astuzia. Un uomo talmente diabolico da essere temuto persino dal Demonio. Dunque siamo nel 1833, a dieci anni dalla fine della prima guerra carlista, un funzionario del governo giunge nel piccolo villaggio di Avala per indagare su una misteriosa fonderia e sul suo altrettanto enigmatico proprietario, quello di cui sopra, l’anziano e misantropo fabbro,guardato con malcelata diffidenza, da tutti i devoti abitanti del paesino, lui dal canto suo, vive come un eremita nella sua lugubre abitazione, avendo disseminato lungo il suo perimetro trappole per orsi e fabbricato un imponente recinzione per scoraggiare ogni possibile curioso
Secondo il governativo,si saprà poi che ha ben altra identità, all'interno di quel posto sarebbero nascoste ingenti quantità d'oro, ovviamente gli abitanti del paese rizzano le orecchie, l’avidità umana è uguale solo alla sua meschinità.
nel frattempo l’orfanella, adottata dal viscido prete locale, dopo il tragico suicidio della madre, s’inoltra nella zona pericolosa, per recuperare la testa della sua bambola, lanciata oltre la recinzione da un bulletto coetaneo. Varcata la soglia, scopre a sue spese, che il cattivo non è il famigerato “Martello” il nomignolo con cui identificano il fabbro Francesco, ma il suo ingannevole prigioniero, affamato di anime umane. Ovviamente sulle tracce della bambina si sono già messi il funzionario governativo e molti abitanti del villaggio,non certo per spirito di carità cristiana,ma solo per cupidigia. Niente di quello che accadrà seguirà le ordinarie regole terrene. Ne succederanno di tutti i colori
Produce Alex de la Iglesia per questa riproposizione in chiave moderna di un'antica fiaba del folklore basco, che vanta la particolarità di essere interamente recitata,nella versione originale ovviamente, in lingua indigena. Il film segna l'esordio del giovanissimo Paul Urkijo Alijo ,anche co-autore della sceneggiatura e può esibire un'ottima gestione degli effetti speciali, con relativo efficace make-up.
Con alcuni richiami narrativi,a un grande classico del cinema fantasy quale “il labirinto del fauno” con una fantasmagorica messa in scena, dal grande impatto visivo, che è assolutamente sopra le righe, con uso del grottesco sapiente. La sceneggiatura è molto suggestiva, capace di rappresentare lo spirito delle antiche leggende basche, la regia adopera una marcata attenzione, nella ripresa dei paesaggi, spesso dalle atmosfere lugubri e spettrali e "catturati" in inquadrature di indubbio effetto, e altrettanta cura nella rappresentazione delle figure demoniache, appartenenti ad un universo dark, ricco di invenzioni e macabre ispirazioni. La leggenda del Faust, è capovolta nella versione autoctona della favola originaria, con il patto stretto tra il diavolo e l'uomo che ribalta le parti in causa in un'astuta partita di furbizia
Tra le stoccate sul dogmatismo religioso,compaiono le figure di contorno la cui ottusità è volutamente resa in forma di macchietta, tra flashback rivelatori e qualche colpo di scena, si racconta una favola nera basata su un’antica fiaba folkloristica, un processo già apprezzato nelle opere precedenti del regista iberico in una alchimia equilibrata di elementi fantasy e horror . La piccola Usue è la perfetta incarnazione di un’umanità innocente, capace sia di addolcire il ruvido Francisco, reso intrattabile, dalle sventure della vita, sia di portare il demonietto Sartael su una strada diversa rispetto a quella abitualmente destinata ad un feroce abitante dell’Inferno. La storia molto creativa,riesce ad accompagnare una vicenda in tutti i suoi molteplici livelli dal mondo degli esseri umani fino alle fiamme dell’abisso e ritorno, e il triangolo tra fabbro, demonio e bambina funziona molto bene. Efficace anche il contrasto colori caldi/colori freddi, capaci di rievocare benissimo anche la dicotomia narrativa. Anche se naturalmente non si tratta di un film esente da difetti ,è notevolmente lento nella prima parte , poi la rappresentazione dei cittadini del piccolo centro, è di grana grossa, vengono dipinti come bigotti piegati sui dogmi di una religiosità superstiziosa, e appaiono eccessivamente grotteschi, poi il livello della recitazione non sempre è soddisfacente, per chiudere il film adopera un taglio immaginifico, che dona un epilogo aperto in cui la favola noir, decolla in una sfrenata galoppata dell’immaginazione.
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