Regia di Nelo Risi vedi scheda film
All’epoca ebbe il suo bravo riscontro critico il più celebre e importante dei film di Nelo Risi, fratello di Dino, principalmente poeta ed occasionalmente regista. Piacque al pubblico colto e alla critica più progressista e fu un significativo film figlio del suo tempo. Tempo di contestazione non soltanto politica ed attiva, ma soprattutto intellettuale, tale è l’approfondimento narrativo in merito allo studio della psiche turbata.
Lungi da me tentare una inappropriata speculazione critica sui contenuti scientifici del film, scritto con scrupolo da Risi con Fabio Carpi e tratto da un romanzo di Marguerite Sechehaye. Diario di una schizofrenica è il racconto di una terapia, analogamente ad Anna dei miracoli seppure in una veste meno artefatta nonostante l’impostazione tutto sommato teatrale (senza che essa sia un limite, anzi) con cui Risi realizza il film, impostandola su rapporti bilaterali tra due personaggi di volta in volta impegnati in scena.
Il film è attraversato dalla voce off della logopedista Blanche, esperta di schizofrenia (un'eccellente Margarita Lozano prima dei Taviani), che segue il corso della terapia stendendo un diario di lavoro e si articola tra le sofferte sedute con l’adolescente Anna e gli incontri coi di lei genitori (un padre amorevole ma inetto e una madre fredda e rassegnata). Si perde un po’ nella parte finale, quando ci si avvia verso la guarigione e pare sopraggiungere una certa malinconia per l’interruzione del rapporto tra Blanche e Anne.
Film splendidamente rigoroso che rinuncia a qualunque eccesso che poteva provocare il tema della schizofrenia, girato con mano ferma e piglio oggettivo eppure emozionante senza essere patetico, rappresenta una via italiana al dramma da camera bergmaniano nonché uno dei rarissimi esempi nostrani di cinema antispettacolare e comunque coinvolgente proprio per l’empatia che riescono a trasmettere le due protagoniste.
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