Regia di Nelo Risi vedi scheda film
C'è qualcosa di bergmaniano nelle atmosfere di questo film: una regia gelida, distaccata, un uso scarno delle musiche, il focus della narrazione su due personaggi femminili. E soprattutto un calvario psicologico, la storia di una malattia prima ancora che di una malata: come non riportare alla mente i lavori del Maestro svedese incentrati sulla follia o comunque ad essa inerenti (Sinfonia d'autunno, Persona, L'immagine allo specchio)? I malati di mente hanno abbandonato la realtà esterna per vivere in quella interiore, e su di essa ne sanno molto più di noi: con questa citazione freudiana si chiude il film, e ci lascia a riflettere su questioni profonde, senza proporre spiegazioni o cercare rimedi. In questo è già un'opera differente dalla maggior parte che trattano il tema del disagio mentale. Per essere del fratello di uno dei maestri della commedia (all') italiana, è un lavoro ancora più sorprendente.
Una diciottenne viene ricoverata: delira, parla di sè stessa in terza persona, si rifiuta di ascoltare chiunque. Con dolcezza, pazienza, tanto tempo da dedicarle e una buona dose di psicanalisi, una dottoressa riuscirà a riportarla in sè. Ma la cosa più difficile sarà convincere la gente attorno, colleghi medici compresi, di questi progressi.
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