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Ferrante Fever

Regia di Giacomo Durzi vedi scheda film

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La recensione su Ferrante Fever

di mm40
5 stelle

Elena Ferrante, pseudonimo di una scrittrice di best sellers internazionali protetta dal totale anonimato, viene raccontata e descritta - per ciò che se ne sa - da colleghi, collaboratori e dalle sue stesse pagine.

 

Le interviste a Roberto Saviano, Nicola Lagioia, Jonathan Franzen, alla traduttrice americana delle opere di Elena Ferrante, a Giulia Zagrebelsky che ha scritto una tesi su di lei, ai registi di due film tratti dai suoi romanzi, cioè Mario Martone per L'amore molesto (1995) e Roberto Faenza per I giorni dell'abbandono (2005), sono solamente un corredo utile a riempire poco più di un'ora di film; il vero nucleo di questo lavoro sono naturalmente le parole della stessa Ferrante, tratte dall'autobiografico (in un certo senso) La frantumaglia e lette dalla voce di Anna Bonaiuto (peraltro protagonista proprio de L'amore molesto). Perchè fare un documentario su una figura enigmatica come quella della scrittrice de L'amica geniale, su un personaggio insomma di cui non si sa proprio nulla, neppure se quello sia il suo vero nome, neppure se realmente esista - bè, fare un documentario simile è un atto di coraggio, innanzitutto, ma anche una piccola presa in giro nei confronti del pubblico. Niente di maligno, si capisce: solo uno scherzetto in più che va ad aggiungersi al grande rompicapo che investe la figura della scrittrice, come a consolidarne la fama maledetta pur senza disporre di elementi originali o particolarmente significativi sul personaggio. Eppure Ferrante fever parte bene, cercando di ricostruire la storia del successo letterario della Ferrante, approdata quasi per caso sulle pagine del New Yorker e da lì, elogiata oltremodo, fenomeno di vendite in terra d'oltreoceano. Ma le informazioni sicure sull'argomento non sono molte altre e ben presto il film si spegne, diventando, come già rilevato, uno sterile carosello di pur notevoli nomi e volti, chiamati a incensare la scrittrice e le sue opere con una ristretta gamma di motivazioni sempre identiche e sempre soggettive: lo stile sobrio e maturo, la profondità dei temi, la complicità che lega il lettore alla pagina. Francamente un po' poco, nel complesso. Sceneggiatura del regista Giacomo Durzi e di Laura Buffoni. 5/10.

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