Regia di David Gordon Green vedi scheda film
13° FESTA DEL CINEMA DI ROMA - SELEZIONE UFFICIALE
Sono passati ormai quarant'anni da quel lontano 1978 in cui la tenace babysitter Laurie Strode riusciva a sopravvivere alla furia assassina di un mostro psicopatico, fuggito da un manicomio criminale ove era detenuto per aver ucciso, ancora bambino e a suon di coltellate inferte con furia disumana, la sorella maggiore, solo alcuni anni prima.
Nel corso dei decenni Laurie ha tentato ben due volte di costruirsi, senza successo, una famiglia; ha concepito una figlia che, a sua volta, poi le ha dato una nipote.
Ma l'incubo chiamato Michael Myers non le è mai rifuggito dalla mente, rendendo il suo comportamento sociale insostenibile persino per i propri cari, tanto da farla allontanare persino dalla figlia.
Negli anni Laurie ha imparato a convivere con la propria solitudine, con l'orrore di un'esperienza dagli strascichi ossessivamente indimenticabili, con il desiderio di farsi vendetta da sola, arrivando a desiderare che il folle detenuto potessa presto evadere per poterlo uccidere, e per questo aspettandolo nella sua dimora, trasformata per l'occasione in un bunker iperprotetto e circondato di armi da fuoco e armi bianche da taglio.
Myers riuscirà ad evadere proprio nel giorno di Halloween di quarant'anni dopo, approfittando di un trasferimento del detenuto disposto dal manicomio criminale modello ove era accolto, serrato nel suo perenne glaciale silenzio e studiato come un caso scientifico da decenni, ad un carcere di massima sicurezza, ove non arriverà mai.
Questo, assieme ad una inchiesta che due talentuosi quanto sfortunati giornalisti tentano di mettere in piedi sul Myers, è l'incipit teso, e, se vogliamo, il presupposto che serve all'abile e ossequioso (verso lo stile e la narrazione impareggiabile del maestro Carpenter, coinvolto indirettamente a livello produttivo nell'ambizioso progetto) David Gordon Green, per rituffarsi con pertinenza, coerenza e rispetto, nel cinema del maestro, ricreandone i medesimi presupposti, aggiornati ai ritmi e ai costumi di vita del quarantennio avvenire, decisamente cambiati nello stile, più che nel fondamento.
Progetto azzeccato, questo ennesimo ma sofisticato sequel che comunica ufficialità e definitivita'; operazione meticolosa ed accurata, riuscita grazie anche alla presenza inestimabile di Jamie Lee Curtis, meravigliosa con le sue rughe incolte e stilose, e la trascuratezza ostentata con orgoglio, almeno quanto quarant'anni fa appariva come una figura androgina, forte di una sua scontrosita' quasi mascolina e virile: meravigliosa, iconica, cult.
E il film si differenzia dagli infiniti sequels spesso ordinari se non brutti, alcuni - un paio mi pare - pure loro a giovarsi del ritorno di Jamie Lee, mai presente e fonddmdntale come ora, e dal dittico corretto riproposto con rispetto da Rob Zombie, perché esso riesce ad elevarsi a sequel definitivo, quello della maturità e del regolamento dei conti.
E mentre la musica indimenticabile dell'originale di Carpenter ci procura brividi di sadico piacere, il film ripercorre splendidamente tutti, proprio tutti i cliché del film di genere, del mostro che si confonde tra la folla di finti mostri nella notte della mercificazione della festa di Ognissanti.
Le paure, gli errori ingenui delle vittime, massacrate senza pietà dalla belva assassina, dal diavolo senza redenzione, e il riscatto della donna, anzi delle tre donne contro un mostro violento che in genere le massacra con un gesto, qurl trittico nonna-madre-figlia che affrontano coraggiose e ribelli il diavolo e alla fine riescono ad intrappolarlo,sono ingredienti forti.
Un ottimo horror, questo Halloween, che dosa la suspence con oculata attenzione, si sviluppa secondo una serie di eventi secondari che tuttavia non tolgono spazio né importanza alla stupenda, iconica protagonista.
Un'attrice figlia d'arte come poche altre, che tuttavia ha saputo farsi un nome e divenire una star, senza rinnegare le proprie autorevoli origini di figlia di celebrità, cavalcando anche l'onda della diva da horror, ma sapendosi destreggiare in ogni ruolo, dalla commedia al dramma.
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