Regia di Akiva Goldsman vedi scheda film
Horror/dramma che abbassa oltre il limite del buon senso l'asticella del protagonismo infantile, qui rappresentato da una fanciulla di cinque, massimo sei anni. La brava Shree Crooks non può però sopportare l'intera scena, come una sceneggiatura monotona e priva di interesse invece impone. In mezzo c'è sempre lui: Jason Blum. Un nome, una garanzia.
La piccola Stephanie (Shree Crooks) è sola in casa. I genitori l'hanno misteriosamente abbandonata. Anzi, a dire il vero, è in compagnia del cadavere del fratellino Paul (Jonah Beres). Mentre, durante la notte, creature mostruose manifestano la loro presenza, Stephanie cerca di sfuggire e sopravvivere come meglio può. Durante il giorno tenta di nutrirsi e instaura svariati dialoghi con i suoi amici virtuali (una tartaruga di peluche) e animali (il coniglietto Hooper). Inaspettatamente i genitori fanno ritorno a casa, mentre i telegiornali danno confuse notizie su una malattia contagiosa che, manifestatasi a Mumbai, va espandendosi in ogni parte del Mondo, colpendo solo i bambini.
Akiva Goldsman è un prolifico autore con un'altra sola esperienza in regia (Winter's tale, 2014), mentre è invece molto esperto come produttore e sceneggiatore di film con super-eroi, cervellotiche conversioni cinematografiche dei testi di Dan Brown (Il codice da Vinci, Angeli e Demoni) nonché tremendi -per quanto brutti- horror da salotto (Costantine, I am legend, Paranormal activity 2, 3 e 4).
Jason Blum è uno scaltro produttore che navigando a vista nell'immenso oceano del genere (sotto ogni forma sfruttabile possibile) ha imparato presto a fare cassa, mettendo in cantiere film con due soldi.
Recentemente, recensendo La battaglia dei demoni, lamentavo la presenza nel film di protagonisti giovanissimi, alunni di scuole elementari, chiedendomi a quando un titolo con personaggi di quattro o cinque anni. Non avevo ancora visto Stephanie, incredibile insieme di luoghi comuni (la prima parte, senza spiegazione e con la tattica del silenzio, la troviamo anche nel soporifero A quiet place) ed evidenti spunti presi in prestito un tanto al chilo a destra e manca (Carrie, Grano rosso sangue e Il villaggio dei dannati). La protagonista principale è l'infante prodigiosa Shree Crooks, ossia la Stephanie del titolo. Lei e solo lei -per quanto brava, purtroppo limitatamente interessante- calca la scena, perdendosi in soliloqui allucinati con pupazzi e animali.
Una brutta fotografia, talvolta in grado di accecare a causa dei ripetuti sforzi alla ricerca di (invisibili) immagini nelle scene buie (e sono la maggioranza), non contribuisce di certo a rendere più piacevole la visione che viene qua e là abbandonata in favore di sbadigli slogamascelle. Si salvano l'incipit da cardiopalma, con la piccola in pericolose attività di cucina, e il finale crudo e spietato, con presenza di qualche buon effetto speciale. Considerato che si tratta di un titolo che viene introdotto dal logo della Blumhouse, è già un enorme successo.
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