Regia di Matteo Rovere vedi scheda film
Quando ritorna Matteo Rovere con un film in Sala, ritorna inevitabilmente il Grande Cinema Italiano.
Dopo aver partecipato a quella parvenza di rinascita del Cinema Nostrano nel 2016 con Veloce come il vento, ecco che 3 anni dopo, grazie anche anche ai finanziamenti del Belgio e di Rai Cinema, con soli 8 milioni di budget ci porta uno dei migliori film italiani degli ultimi 30 anni.
Il primo Re si presenta dunque come una reinterpretazione del Mito di Romolo e Remo che narra le gesta dei due noti fratelli nella fondazione dell'Eterna Urbe ovvero Roma, la più grande civiltà della Storia. L'approccio però antropologico, semiotico, linguistico, esoterico, spirituale, storico, politico, sociologico e culturale di Mattero Rovere dona inevitabilmente un tocco autoriale alla pellicola, che si distingue per forma e sostanza da tutte le produzioni milionarie hollywoodiane storiche, che risultano eccessivamente pompose e inutilmente barocche.
Il regista infatti, crea il Mito nella Storia e la Storia nel Mito, rendendo realistico il racconto del noto fratricidio che unito al minimalismo delle ambientazioni e intrecciato all'introspezione psicologica del popolo proto-romano, genera un'opera immensa che trascende il genere storico e che ne riscrive l'Epica.
Un altro valore aggiunto all'interno della pellicola è senza dubbio l'utilizzo del proto-latino come lingua predefinita all'interno del film, che dona un ulteriore realismo alle vicende narrate, rendendo i dialoghi storicamente attendibili e carichi di un'emotività unica nel descrivere il carattere dei vari proto-romani e dei popoli latini presenti nell'odierno Lazio centrale.
La ricostruzione storica ed ancestrale di questa primitiva, boscosa e paludosa Latium vetus del 753 a.C. è anch'essa notevole nonostante il budget ristretto, e rappresenta chiaramente la superiorità di Alba Longa nei confronti degli altri popoli latini e sabini, che sono arginati dal Tevere e braccati dalla natura ostile del territorio laziale.
L'incipit del film infatti, nasce proprio da questa grande esondazione del Tevere, che distruggendo i pascoli di Romolo e Remo, battezza formalmente le due leggende, che si ritroveranno insieme ad altri prigionieri al cospetto di questa tirannica natura esogena della regione, che li porterà inevitabilmente alla creazione di Roma.
La trama opta perciò per una narrazione realistica ma allo stesso tempo allegorica del Mito, che vede i prigionieri ribellarsi all'autorità di Alba Longa, intraprendendo un percorso indipendente all'ordine precostituito, accompagnati però da una sacerdotessa fatta prigioniera durante la loro fuga, che rappresenterà il simbolo e lo spirito di questo nuovo popolo che nascerà proprio dalle sue sventure.
Il triangolo esoterico che si instaurerà tra Romolo, Remo e Satnei (la sacerdotessa prigioniera), sarà il cardine degli equilibri che si muoveranno all'intero del branco dei proto-romani, che tra scontri, superstizioni e legami di sangue, definiranno per sempre il destino di questo nuovo popolo pronto a sbocciare nella sua leggenda e cruda realtà.
Il film nella sua complessa ricostruzione storica e realistica degli eventi, riesce anche perfettamente a rappresentare la dicotomia tra i due fratelli dove vediamo da una parte Remo, forte, determinato e protettivo nei confronti del fratello che diventerà sempre più laico, distruttivo, individualista ed avido di potere nello sfidare la profezia della predestinazione sulla fondazione dell'Eterna Città, mentre dall'altra parte invece Romolo si mostra più compassionevole, religioso, collettivista e metodico nell'impostare la genesi del nuovo impero preannunciato dall'aruspicina della sacerdotessa Satnei.
Lo scontro ideologico, politico e religioso che nasce tra i due fratelli si scontra tragicamente con l'amore che entrambi provano nell'onorare le ultime parole della loro amata madre, ma un destino divino e super partes ha già scelto per loro una strada univocamente volta al fratricidio e alla creazione della più grande e avanzata Civiltà che la Storia abbia mai conosciuto.
La pellicola riesce magistralmente a dipingere questa tragica drammaturgia che affonda le sue radici nell'Epica più gloriosa ovvero quella Classica, che nasce nel momento in cui il tanto acclamato duello si conclude.
L'Età Classica perciò, è preceduta da un periodo arcaico che anticipa la leggenda e ne precostituisce le fondamenta, e la pellicola in questo passaggio focale riesce egregiamente a rappresentare codesta transizione.
Il "Mito Storico" che si instaura nel film infatti, non è costellato unicamente dal trittico composto dai due fratelli e da Satnei, ma anche dalle numerose persone che contribuiscono alla creazione della Leggenda che diventerà poi Roma. Reietti, prigionieri, schiavi, barbari e popolazioni indigene laziali si uniscono alla travagliata odissea boschiva e paludosa che intraprendono Romolo e Remo, che vedono inizialmente il secondo prevalere sul primo per astuzia, determinazione e forza bruta, ma successivamente riconosceranno nel primo la vera leadership, che per antonomasia non corrisponde all'esercizio autoritario del potere, ma dall'autorevolezza con cui dona importanza al fuoco sacro e dunque al rispetto del volere degli dei, ottenendo così di fatto legittimità e potere sul popolo appena conquistato.
L'analisi antropologica di questa pellicola risulta sopraffine nel trattare la natura dell'uomo e della sua infatuazione per il potere e per il divino, che per assurdità di noi uomini contemporeanei, vede prevalere la religiosità e la divinizzazione di Romolo in contrapposizione al raziocinio e pragmatismo di Remo.
Il primo Re riesce dunque magistralmente a reinterpretare il nostro tanto amato Mito Romano con una visione estremamente profonda nell'analisi delle fonti dei nostri antenati (con tanto di citazioni), rendendo il Mito quasi attendibile storicamente grazie al realismo con cui Rovere ricostruisce la società arcaica pre-romana.
Lingua, costumi, combattimenti, abitazioni, gesti, religioni e consuetudini, sono perfettamente fedeli alla loro controparte storica, che grazie ad un velato misticismo e simbologie recondite, rende il Mito credibile e l'Epica riscritta in una chiave di lettura più introspettiva e allegorica.
Se proprio dobbiamo trovare un difetto a quest'opera magistrale, forse lo si può trovare nell'uso eccessivo dei rallenty nei combattimenti, che risultano comunque ben coreografati e ben diretti.
In conclusione, Matteo Rovere firma il suo ennesimo filmone in un mare di superficialità e inettitudine quale è il Cinema Italiano, che se si impegnasse maggiormente, potrebbe realmente regalare perle come questo maestoso lungometraggio che distrugge tranquillamente filmacci hollywoodiani storici falsamente epici come 300, Troy e Il Gladiatore che diffamano l'Epica Classica per sacrificarla al becero machismo americano.
Matteo Rovere invece, orgogliosamente romano ed italiano, centra perfettamente le dinamiche del nostro passato, affondando nelle radici del Mito Romano e sviscerandone la sua Epica, interpretandola con una visione autoriale in grado di darle il perfetto spessore per una trasposizione meritevole per la Settima Arte.
E il risultato è semplicemente sublime.
Voto 9
PS: La cartina geografica che mostra l'espansione dell'Impero Romano durante i titoli di coda è ovviamente la ciliegina sulla torta che un appassionato di Storia e Geopolitica come me non può che amare alla follia!
Per chi volesse approfondire la realizzazione di questa maestosa opera italiana ecco l'intervista al regista:
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