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Il primo Re

Regia di Matteo Rovere vedi scheda film

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La recensione su Il primo Re

di CineNihilist
9 stelle

Quando ritorna Matteo Rovere con un film in Sala, ritorna inevitabilmente il Grande Cinema Italiano

 

Dopo aver partecipato a quella parvenza di rinascita del Cinema Nostrano nel 2016 con Veloce come il vento, ecco che 3 anni dopo, grazie anche anche ai finanziamenti del Belgio e di Rai Cinema, con soli 8 milioni di budget ci porta uno dei migliori film italiani degli ultimi 30 anni.

 

Matteo Rovere

Il primo Re (2019): Matteo Rovere

 

Il primo Re si presenta dunque come una reinterpretazione del Mito di Romolo e Remo che narra le gesta dei due noti fratelli nella fondazione dell'Eterna Urbe ovvero Roma, la più grande civiltà della Storia. L'approccio però antropologico, semiotico, linguistico, esoterico, spirituale, storico, politico, sociologico e culturale di Mattero Rovere dona inevitabilmente un tocco autoriale alla pellicola, che si distingue per forma e sostanza da tutte le produzioni milionarie hollywoodiane storiche, che risultano eccessivamente pompose e inutilmente barocche.

 

Il regista infatti, crea il Mito nella Storia e la Storia nel Mito, rendendo realistico il racconto del noto fratricidio che unito al minimalismo delle ambientazioni e intrecciato all'introspezione psicologica del popolo proto-romano, genera un'opera immensa che trascende il genere storico e che ne riscrive l'Epica.
Un altro valore aggiunto all'interno della pellicola è senza dubbio l'utilizzo del proto-latino come lingua predefinita all'interno del film, che dona un ulteriore realismo alle vicende narrate, rendendo i dialoghi storicamente attendibili e carichi di un'emotività unica nel descrivere il carattere dei vari proto-romani e dei popoli latini presenti nell'odierno Lazio centrale.
La ricostruzione storica ed ancestrale di questa primitiva, boscosa e paludosa Latium vetus del 753 a.C. è anch'essa notevole nonostante il budget ristretto, e rappresenta chiaramente la superiorità di Alba Longa nei confronti degli altri popoli latini e sabini, che sono arginati dal Tevere e braccati dalla natura ostile del territorio laziale.

 

scena

Il primo Re (2019): scena

Michael Schermi

Il primo Re (2019): Michael Schermi

 

L'incipit del film infatti, nasce proprio da questa grande esondazione del Tevere, che distruggendo i pascoli di Romolo e Remo, battezza formalmente le due leggende, che si ritroveranno insieme ad altri prigionieri al cospetto di questa tirannica natura esogena della regione, che li porterà inevitabilmente alla creazione di Roma.
La trama opta perciò per una narrazione realistica ma allo stesso tempo allegorica del Mito, che vede i prigionieri ribellarsi all'autorità di Alba Longa, intraprendendo un percorso indipendente all'ordine precostituito, accompagnati però da una sacerdotessa fatta prigioniera durante la loro fuga, che rappresenterà il simbolo e lo spirito di questo nuovo popolo che nascerà proprio dalle sue sventure.
Il triangolo esoterico che si instaurerà tra Romolo, Remo e Satnei (la sacerdotessa prigioniera), sarà il cardine degli equilibri che si muoveranno all'intero del branco dei proto-romani, che tra scontri, superstizioni e legami di sangue, definiranno per sempre il destino di questo nuovo popolo pronto a sbocciare nella sua leggenda e cruda realtà.

 

Alessandro Borghi, Tania Garribba, Alessio Lapice

Il primo Re (2019): Alessandro Borghi, Tania Garribba, Alessio Lapice

Martinus Tocchi, Max Malatesta, Alessandro Borghi

Il primo Re (2019): Martinus Tocchi, Max Malatesta, Alessandro Borghi

 

Il film nella sua complessa ricostruzione storica e realistica degli eventi, riesce anche perfettamente a rappresentare la dicotomia tra i due fratelli dove vediamo da una parte Remo, forte, determinato e protettivo nei confronti del fratello che diventerà sempre più laico, distruttivo, individualista ed avido di potere nello sfidare la profezia della predestinazione sulla fondazione dell'Eterna Città, mentre dall'altra parte invece Romolo si mostra più compassionevole, religioso, collettivista e metodico nell'impostare la genesi del nuovo impero preannunciato dall'aruspicina della sacerdotessa Satnei.
Lo scontro ideologico, politico e religioso che nasce tra i due fratelli si scontra tragicamente con l'amore che entrambi provano nell'onorare le ultime parole della loro amata madre, ma un destino divino e super partes ha già scelto per loro una strada univocamente volta al fratricidio e alla creazione della più grande e avanzata Civiltà che la Storia abbia mai conosciuto.

 

La pellicola riesce magistralmente a dipingere questa tragica drammaturgia che affonda le sue radici nell'Epica più gloriosa ovvero quella Classica, che nasce nel momento in cui il tanto acclamato duello si conclude.
L'Età Classica perciò, è preceduta da un periodo arcaico che anticipa la leggenda e ne precostituisce le fondamenta, e la pellicola in questo passaggio focale riesce egregiamente a rappresentare codesta transizione.

 

Alessandro Borghi, Alessio Lapice

Il primo Re (2019): Alessandro Borghi, Alessio Lapice

Alessandro Borghi

Il primo Re (2019): Alessandro Borghi

Alessio Lapice

Il primo Re (2019): Alessio Lapice

 

Il "Mito Storico" che si instaura nel film infatti, non è costellato unicamente dal trittico composto dai due fratelli e da Satnei, ma anche dalle numerose persone che contribuiscono alla creazione della Leggenda che diventerà poi Roma. Reietti, prigionieri, schiavi, barbari e popolazioni indigene laziali si uniscono alla travagliata odissea boschiva e paludosa che intraprendono Romolo e Remo, che vedono inizialmente il secondo prevalere sul primo per astuzia, determinazione e forza bruta, ma successivamente riconosceranno nel primo la vera leadership, che per antonomasia non corrisponde all'esercizio autoritario del potere, ma dall'autorevolezza con cui dona importanza al fuoco sacro e dunque al rispetto del volere degli dei, ottenendo così di fatto legittimità e potere sul popolo appena conquistato.
L'analisi antropologica di questa pellicola risulta sopraffine nel trattare la natura dell'uomo e della sua infatuazione per il potere e per il divino, che per assurdità di noi uomini contemporeanei, vede prevalere la religiosità e la divinizzazione di Romolo in contrapposizione al raziocinio e pragmatismo di Remo.

 

Alessandro Borghi

Il primo Re (2019): Alessandro Borghi

Alessio Lapice

Il primo Re (2019): Alessio Lapice

Alessandro Borghi, Alessio Lapice

Il primo Re (2019): Alessandro Borghi, Alessio Lapice

 

Il primo Re riesce dunque magistralmente a reinterpretare il nostro tanto amato Mito Romano con una visione estremamente profonda nell'analisi delle fonti dei nostri antenati (con tanto di citazioni), rendendo il Mito quasi attendibile storicamente grazie al realismo con cui Rovere ricostruisce la società arcaica pre-romana.
Lingua, costumi, combattimenti, abitazioni, gesti, religioni e consuetudini, sono perfettamente fedeli alla loro controparte storica, che grazie ad un velato misticismo e simbologie recondite, rende il Mito credibile e l'Epica riscritta in una chiave di lettura più introspettiva e allegorica.

 

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Se proprio dobbiamo trovare un difetto a quest'opera magistrale, forse lo si può trovare nell'uso eccessivo dei rallenty nei combattimenti, che risultano comunque ben coreografati e ben diretti.

 

In conclusione, Matteo Rovere firma il suo ennesimo filmone in un mare di superficialità e inettitudine quale è il Cinema Italiano, che se si impegnasse maggiormente, potrebbe realmente regalare perle come questo maestoso lungometraggio che distrugge tranquillamente filmacci hollywoodiani storici falsamente epici come 300, Troy e Il Gladiatore che diffamano l'Epica Classica per sacrificarla al becero machismo americano.
Matteo Rovere invece, orgogliosamente romano ed italiano, centra perfettamente le dinamiche del nostro passato, affondando nelle radici del Mito Romano e sviscerandone la sua Epica, interpretandola con una visione autoriale in grado di darle il perfetto spessore per una trasposizione meritevole per la Settima Arte.


E il risultato è semplicemente sublime.

 

Voto 9

 

Poster Il primo Re

 

 

PS: La cartina geografica che mostra l'espansione dell'Impero Romano durante i titoli di coda è ovviamente la ciliegina sulla torta che un appassionato di Storia e Geopolitica come me non può che amare alla follia!

 

Per chi volesse approfondire la realizzazione di questa maestosa opera italiana ecco l'intervista al regista:

 

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Ultimi commenti

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  2. (spopola) 1726792
    di (spopola) 1726792

    Forse è troppo presto per considerare Matteo Rovere con sole 4 opere all’attivo (e un inizio di carriera tutt’altro che esaltante) un grande autore a tutto tondo, ma possiamo comunque senz’altro dire che è un regista a cui piace osare il che è già un grande merito nel panorama stagnante e ripetitivo del nostro cinema autarchico. Aveva osato abbastanza con Veloce come il vento ma ha osato molto di più con questa (per il momento) sua ultima fatica che è ad oggi il risultato migliore e più maturo fin qui da lui raggiunto. Tu ce lo hai raccontato come al solito molto bene scavando in profondità (la tua recensione è piena di un entusiasmo davvero contagioso) e mettendo in luce le ragioni che rendono a pieno titolo Il primo re un film d’Autore che avrebbe meritato molta più attenzione e parlo soprattutto del pubblico che è rimasto un tantino freddo e anche un po’ troppo guardingo (i pregiudizi sono molto difficili da estirpare e di pregiudizi sul cinema italiano ce ne sono davvero tanti - addirittura troppi direi - e spesso immeritati che a mio avviso sono poi quelli che gli hanno tarpato un poco le ali). Sono insomma certo che se fosse stato presentato sotto un’altra bandiera, gli incassi - solo per questo – sarebbero stati molto superiori. Speriamo che questo non danneggi il suo furto e che gli sia lasciata ancora mano libera per continuare quello che ha potuto fare in questo caso con un budget importante ma abbastanza limitato per le ambizioni poste in un’opera che è risultata eccellente per più di una ragione e non sto ricordarle tutte perché lo hai già fatto magistralmente tu con questa stimolante recensione davvero affascinante alla quale resta davvero poco da aggiungere perché ci hai messo dentro tutto aggiungendoci anche una buona parte del tuo cuore.
    Possiamo allora dire solo che il film è davvero un unicum nel cinema italiano e che Rovere, occhieggiando qua e là ma sempre in modo molto personale, si è inoltrato in un terreno abbastanza scivoloso vincendo ampiamente la partita. Il film insomma non ha niente d invidiare ad opere come Valhalla Rising , Apocalypto, il Macbeth di Josh Kurzel, ill Noah, di Darren Aronofsky, o certo cinema di Walter Hill per citare solo i primi titoli e nomi che mi sono venuti in mente.. Tu sei stato in questo caso il cantore appassionato di Matteo Rovere e del suo cinema (e soprattutto di questa grande parabola dellac ondizione umana messa così bene a fuoco anche nella forma. Si: come giustamente hai scritto tu, “Rovere ricostruisce la società arcaica pre-romana attraverso la lingua, i costumi, i combattimenti, le abitazioni, i gesti, le religioni e le consuetudini, rimanendo fedelei alla loro controparte storica, che grazie ad un velato misticismo e simbologie recondite, rende il Mito credibile e l'Epica riscritta in una chiave di lettura più introspettiva e allegorica”.
    Chapeau insomma!!!!!!!!

    1. CineNihilist
      di CineNihilist

      Oddio grazie mille spopola per questi bellissimi complimenti che mi fai, sono contento che tu sia riuscito a recuperare questa ultima fatica del grande Rovere e concordo con te sul non così esaltante esordio (l'ho visto su rai play e mi ha lasciato abbastanza interdetto, quasi schifato), però con questo "Il primo Re" Rovere si supera ampiamente e fa il passo più lungo della gamba bruciandosi 7 milioni su 8!!!!

      Purtroppo spesso le ambizioni e i sogni non riescono a conciliarsi con la realtà come accade da sempre col Cinema, ma quest'opera meritava tutt'altra considerazione da parte anche dell'establishment cinematografico nostrano che DOVEVA supportare e pubblicizzare al meglio questa pellicola grandiosa.
      D'altronde è il problema atavico del Cinema Italiano almeno degli ultimi 30 anni ovvero la scarsa visibilità e promozione del proprio Cinema ormai soppiantato dalla Televisione, dove magari quest'ultima per conflitto d'interessi decide spontaneamente di dare poco contributo alla diffusione della Settima Arte.
      I produttori italiani invece di contarsi i soldi in tasca e puntare sulla logica capitalista "minima spesa massima resa" invece dovrebbero imparare dai loro colonizzatori anglosassoni che il film non si vende da solo, ma che ha bisogno di una forte campagna pubblicitaria (anche internazionale, ma qua si apre un altro vaso di pandora, ma che aprirò dopo) per fare grandi incassi, sennò non si spiega come Avatar o Avengers Endgame facciano più di 2 miliardi di incassi.
      Il ridicolo produttore italiano (ma come la maggior parte dell'imprenditoria italiana) pensa soltanto a minimizzare i costi e massimizzare i ricavi, quando in realtà seguendo questo ragionamento tossico ti porta soltanto a flop clamorosi (quantità > qualità).
      Non è un caso che il Cinema italiano è un'industria che alimenta sé stessa con una produzione inflazionata monotematica (commediole o drammoni strappalacrime) che eccede con un'offerta che è di gran lunga superiore rispetto alla domanda, e mi chiedo come mai di quei 200-300 film che si producono annualmente poi solamente una discreta parte arrivi in sala.
      Poi c'è da dire che questo "il primo Re" poteva BENISSIMO essere venduto all'estero (e infatti qualcosina ha incassato) proprio perché la stessa lingua non è italiana ma universale per tutti, infatti per l'estero il costo del doppiaggio era pari a zero, e inoltre sappiamo tutti quanto attrae la nostra Storia nel Mondo.

      Quindi perché non puntare su questi lungometraggi più internazionali? Perché dobbiamo sempre fare un cinema circoscritto al provincialismo becero? Perché non possiamo fare un prodotto italiano che sia vendibile anche all'estero? In passato ciò avveniva, una storia ambientata a Roma poteva benissimo essere compresa da un newyorkese. Perché ora si è regrediti a commediole ascrivili soltanto per il nostro Paese? Tutto questo ragionamento fa soltanto che bene agli incassi e non solo...

      Comunque ritornando sul film mi fa piacere che tu abbia apprezzato le mie analisi sentite e passionali, mi definisci addirittura un "cantore" ahahahaah ma mai arriverò a diventare un cantore omerico come te carissimo spopola, come ben sai le mie parole scaturiscono da una forte passione sia per la Settima Arte sia per la Storia, dove quest'ultima la si vede finalmente in una veste completamente diversa e rivisitata, destinata a fare scuola nei prossimi anni anche per i talenti americani che tu mi citi da grande esperto.

      Dopo aver visto questo film che mi è cresciuto dentro dopo la prima visione, ho SOGNATO AD OCCHI APERTI per un attimo una serie di film italiani incentrati sulla Storia Romana come le Guerre Puniche per esempio, che se non sbaglio non ho ancora visto trasposte degnamente da nessuna parte (ma potrei sbagliarmi alla grande, correggimi tu eventualmente, sulla leggenda di Romolo e Remo invece ho controllato, ma Rovere qua per me soppianta fieramente il suo predecessore cinematografico).

      E niente spopola, ti sei subito il mio ennesimo muro di testo!
      Spero di essere stato chiaro e convincente con questa recensione, che ha sempre lo scopo ultimo di far conoscere (ed acquistare) il film recensito.

      Grazie ancora per le bellissime parole che mi scaldono sempre il cuore e spero di contraccambiare in futuro ;D

      Alla prossima recensione maestro ;)

  3. obyone
    di obyone

    Il film non l'ho visto e quindi non mi dilungo sulle questioni artistiche tranne per ricordare he in questo sito ha ottenuto 21 recensioni positive e solo due negative. I numeri parlano da soli. Vorrei, invece, far notare che per un film con vocazione autoriale, come dici tu stesso, ed un budget interessante, si poteva fare molto di più a livello di pubblicità. Uscito a fine gennaio 2019 mi chiedo ad esempio se sia mai stato proposto per il Sundance o per qualche sezione della Berlinale. Paura di una stroncatura da parte della critica? Abbiamo potuto notare come film di genere quali "Joker" e "La forma dell'acqua" abbiano ottenuto parecchio dal botteghino grazie ai premi vinti nei festival. Ho l'impressione che i distributori e i registi italiani abbiano fin troppa paura dei grandi palcoscenici (quelli che possono rovinare il botteghino solo se il risultato è pessimo o farlo brillare con un mucchio di pubblicità gratis anche se il risultato è nella norma). Meglio andare al Bifest allora? Con tutto il rispetto per un festival molto interessante ma provinciale io credo che sarebbe stato più producente ottenere maggior visibilità altrove. A mio avviso non ci hanno nemmeno provato e lo ritengo più che probabile dopo aver letto un'intervista a Gabriele Mainetti che rispondeva alla domanda di un passaggio di Freaks Out a Venezia dicendo: "mi piacerebbe fare un festival importante. Ma abbiamo speso tanti soldi..." Quindi Mainetti non è sicuro della bontà della propria opera (forse non lo era nemmeno Rovere) oppure si affida al passaparola. Poca roba per sponsorizzare un film dal budget milionario e con ambizioni di botteghino. Rischia di fare la magra figura di Rovere al botteghino per l'endemica incapacità di osare dei nostri distributori. Alla lunga i giovani talenti finiscono per essere schiacciati dall'ignavia del sistema

    1. CineNihilist
      di CineNihilist

      ASSOLUTAMENTE d'accordo con tutto ciò che dici caro obyone, hai ragionissima e ti ringrazio per questo contributo preziosissimo da frequentatore di festival, sicuramente tu da grande esperto conosci meglio di me queste dinamiche produttive.

      E' incredibile come noi italiani riusciamo sempre a sottovalutarci e demoralizzarci anche quando abbiamo molte frecce al nostro arco, questo poi influisce anche sui risultati finali ai botteghini e come riflesso della nostra società che da sempre si sogna divisa, esterofila, ignava e negligente.
      Ma è possibile che un filmone del genere con potenziali enormi per il mercato estero sia stato snobbato così tanto?
      Il film ha vinto dei premi tecnici al David di Donatello e qualche altro festival di "provincia", ma meritava una più ampia diffusione anche solo a livello di marketing! A parte qualche trailer sporadico sul web e qualche intervista solita, non è stato pompato a dovere ma come del resto il 99.9% dei film italiani (anche quelli più beceri che poi manco incassano).
      L'unico che non ha bisogno di pubblicità è Checco Zalone e come mai? Perché proviene dalla televisione, ecco perché, e dunque smuove anche le vecchiette del baretto sotto casa e le casalinghe di Voghera (ironia portami via, non voglio offendere nessuno).

      Interessante il pezzo che mi citi che dimostra la nostra tesi comune ma che reputo universalmente assodata salvo per i nostri cari produttori italiani contabili ovviamente, ma loro sono la famosa élite del 1%.

      Io invece cito indirettamente il critico cinematografico Francesco Alò (vedete il suo bel faccione a fine recensione) in cui dice che l'Italia non sa costruirsi un suo "imperialismo" e senso della "vittoria" anche nello stesso festival dei David di Donatello che dovrebbe essere l'emblema dell'autocelebrazione italiana e invece tutti i premiati e giurati sono tutti col volto smorto e passivo che poi incide sull'immagine che vogliamo trasmettere al popolo e al mondo intero.
      Quello che propone Alò è di uscire da questa logica "cattolica-moralista" del disprezzo della vincita e del premio per mostrare un'umiltà che poi è ipocrita e dannosa allo stesso tempo, perché il piacere della vittoria di aver guadagnato un premio è il motore che poi smuove l'entusiasmo e il mito di tutti gli altri Festival Internazionali come l'Oscar appunto, su cui possiamo dire tutto quello che vogliamo tra ipocrisia e meritocrazia, ma non di certo che non sappia autocelebrarsi in pompa magna, generare dibattiti mediatici, provocare entusiasmo, creare un mito perfetto di Hollywood e soprattutto restituire una pubblicità strategica in grado di dare una grandissima visibilità alle opere premiate e candidate.

      E' questo ci manca nel Cinema italiano (e non solo), ovvero l'entusiasmo, la passione, la dedizione, l'impegno, la capacità di creare un mito per autoilluderci consapevolmente e illudere gli altri generando attrattiva. Se non lavoriamo su questo, non serve a nulla produrre più di 200 film l'anno per poi vederli distribuiti male e controvoglia.

      Se ti o vi interessa, ti/vi linko la parte del video con Alò in cui parla di questa condizione del David di Donatello al minuto 32:58

      Link: https://youtu.be/wsmseyvuuwI?t=1978

      Come al solito ti ringrazio obyone e a tutti gli utenti per aver alimentato un dibattito molto interessante che va oltre il film recensito ;)

  4. Antisistema
    di Antisistema

    Quello che lo ha un pò fregato nella percezione della critica è che è stato etichettato come il primo film dell'era sovranista qui in Italia, aggettivo usato a cavolo credo in tale caso.

    1. obyone
      di obyone

      L'articolo che l'ha tracciato di sovranismo non lo conoscevo. Ma non è forse pubblicità anche quella? La destra nazionale avrebbe dovuto correre in massa nelle sale. Quindi no, direi proprio di no che il successo al botteghino passi per un articolo su carta stampata. Fosse stata una fake news su un social network sarebbe stato un altro paio di maniche...

    2. CineNihilist
      di CineNihilist

      @antisistema Anche. E purtroppo. Accezione poi usata a caso per un film per niente destrorso o sovranista...

      La critica mi è parsa un po' politicizzata stavolta e mi sa che dovranno rifarsi una bella lezione di Antropologia, Sociologia, Storia, Geopolitica e Politica prima di bollare ed etichettare con certi aggettivi che poi influenzano il pubblico (ma più le istituzioni che poi influenzano il popolo, visto che il pubblico manco legge più le recensioni dei critici).

      Poi mi hai fatto ricordare una recensione indecorosa che ho letto su "Huffpost Italia" dove scrivevano che il film pareva un videogioco alla Skyrim e con tendenze destrorse-sovraniste...roba da matti!

      Che poi anche l'etichetta del "sovranismo" mi pare abbastanza ridicola visto che viene manipolata dai media per bollare i partiti euroscettici come Lega e Fratelli d'Italia quando in realtà è un valore imprescindibile di qualsiasi Nazione difendere i propri interessi nazionali senza svendersi ad altri Paesi, ma si sa che l'Italia è esterofila da sempre credendo ancora alla favola europeista quando l'Olanda ci ricatta su un paio di spicci insieme a tanti altri simpatici amiconi europei, e che la stessa Francia destabilizza la Libia facendo saltare la nostra sicurezza nazionale nel Mediterraneo facendo comunella con le petromonarchie del Golfo. Poi addirittura tenta di comprare imprese italiane di importanza strategica nazionale quando tutti si lamentano dei cinesi che ci spiano con 5G e Huawei quando ci sono programmi di golden power che ci tutelano da questo...ospitiamo migliaia di militari americani più basi annesse sul nostro suolo e non sappiamo neanche difenderci dalle prepotenze estere?
      Tutti sono sovranisti in Europa e nel mondo, noi siamo gli unici che ancora ci sediamo sugli allori sperando che un vincolo esterno ci salvi in ogni situazione...dobbiamo ripensarci e difendere il nostro interesse nazionale, sempre, come fanno tutti.

      E qua "il primo Re" si inserisce perfettamente, Roma nasce sovrana e indipendente per proteggersi dai soprusi di Alba Longa e popoli latini annessi, che poi si sia espansa in un bagno di sangue è un altro conto, oggi non siamo più barbari e brutali come all'epoca, ma il Mito e la sovranità è alla base di ogni Stato di Diritto purché voglia esistere ed essere rispettato dagli altri. Naturale esercizio del potere e continuazione di una collettività, senza necessariamente prevaricare il prossimo. La geopolitica è una disciplina antipatica perché a contatto con la realtà, qualità che forse dovrebbe rientrare nella coscienza nazionale se vogliamo contare nel Mondo (e già contiamo molto e soprattutto in Europa economicamente parlando, ma ci narriamo ancora deboli, divisi, esterofili e ci sorprendiamo quando poi la Germania filo-europeista tira in ballo la sovranità).

      Mal interpretazione (e negligenza) della critica, svogliatezza del pubblico e scarsa pubblicità hanno determinato il fallimento del "il primo Re", che adesso ci sogneremo per i prossimi 10 anni di riassistere ad un simile spettacolo....

    3. CineNihilist
      di CineNihilist

      Sono d'accordo con te @obyone, la carta stampata ormai fa poca pubblicità perché sempre in meno la leggono, però dubito che il pubblico della destra nazionale vada a vedere certi film di un certo spessore, al massimo si accoda al classico pubblico generalista sui blockbuster americani del momento.

      Quello che cito io e che cita anche antisistema, è soltanto un'ennesima variabile nella "equazione del male" che ha portato al fallimento de "il primo Re".
      Sicuramente i lettori (ovvero una ristretta minoranza) avranno boicottato la sala ma incidendo su una minuscola parte sull'incasso finale.
      Un altro grande problema del Cinema italiano è che non riesce minimamente a decifrare il gusto del pubblico italiano che è schizofrenico. Checco Zalone è l'unica certezza, i cinepanettoni ormai hanno fatto il loro tempo.

  5. ilcausticocinefilo
    di ilcausticocinefilo

    Bah, io sinceramente lo vedo come un film piuttosto diseguale.
    Soffre d’un palese rallentamento nella parte centrale, che poi tenta di recuperare in tutta fretta negli ultimi minuti con tanto di combattimento ed assassinio lampo. Per carità capisco tutto: carenze di budget ecc., ma il tutto è gestito diciamo non proprio benissimo. Poi, l’abuso di riprese aeree da drone stanca alquanto e l’enfasi sul finale l’ho trovata un pochetto eccessiva (con tanto di conseguente cartina raffigurante la “sanguinosa” diffusione dell’Impero nei secoli successivi: si poteva risparmiarsela?). Ovviamente, non ci ho visto nulla di “fascista” ante-litteram, ma neanche niente di esageratamente esaltante. Bravi gli attori, interessante la scelta del “proto-latino”, bella la sequenza iniziale, la caccia nella foresta e il rogo del villaggio, e in generale coraggioso il tentativo, ma si poteva fare di meglio. Di operazioni rischiose e riuscite, nonché fuori dai soliti schemi del mainstream, italiane degli ultimi anni preferisco nettamente Lo chiamavano Jeeg Robot e la serie di Smetto quando voglio.
    Scusa, @Cine, come ho fatto presente anche di là sotto alla rece di @mck: “miglior film degli ultimi trent’anni” proprio no :)

    1. CineNihilist
      di CineNihilist

      Io invece l'ho trovato un film coraggioso ed ambizioso per il suo budget, dalla portata cinematografica e storica veramente sperimentale per il genere e anche per il Cinema italiano, soprattutto perché da una narrazione apparentemente semplice vengono inserite diverse allegorie e simbolismi per niente banali.

      Inoltre creare la Storia nel Mito e il Mito nella Storia è davvero una ricerca complessa ed impegnata che Rovere porta a casa brillantemente con tutti i difetti dal caso dettati più dal budget che dalla sostanza del film a mio avviso.
      Negli USA un film del genere avrebbe avuto un budget dai 50 ai 100 milioni con tanto di influenze retoriche filo-cristiane (Mel Gibson insegna eheheh), invece Rovere dipinge un affresco arcaico che anticipa e riscrive l'Epica classica, aderendo ad un realismo ancestrale per nulla banale e semplicistico (e retorico).

      E' un lavoro meticoloso dal punto di vista antropologico, semiotico, politico, storiografico che farebbe invidia a qualsiasi omologo storico pomposo hollywoodiano di adesso, soprattutto se vogliamo contare anche il deficit del budget ristretto.
      La cartina dell'Impero Romano è semplicemente la ciliegina sulla torta perché mostra come quel gesto finale (così rozzo ed abituale in quelle terre desolate) sarà la prima goccia di sangue di un imperialismo che nascerà e che plasmerà per sempre la cultura occidentale.

      Le riprese aeree coi droni non mi hanno dato per niente fastidio ai fini della narrazione e non me ne ricordo così tante, al massimo ho ravvisato un certo abuso del rallenty nei combattimenti, ma è una minuzia in confronto alle forti critiche che sento dagli altri e che in parte posso condividere.
      Comunque si può sempre fare di meglio, anche nei capolavori ormai universalmente riconosciuti gli stessi registi che li hanno fatti dicono che si poteva fare di meglio perché l'artista non è mai soddisfatto e cerca sempre il pelo nell'uovo per cercare di migliorarsi per la "prossima volta".

      Anch'io come te ho apprezzato quegli altri esperimenti italiani (tra l'altro alcuni finanziati da Rovere) ma diciamoci la verità: "Lo chiamavano Jeeg Robot" richiama chiaramente al cinema supereroistico quindi va sul sicuro e infatti ha fatto talmente tanti incassi che l'hanno riproposto al Cinema; Smetto quando voglio invece richiama già con la commedia (genere iper inflazionato in Italia) ma anche allo stile alla "breaking bad" che richiama molto l'attenzione della gente tra "droga, criminalità e mignotte", infatti il primo capitolo ha fatto buoni incassi mentre i due sequel (cercando di andare oltre quello schema derivativo del capitolo iniziale) hanno fatto flop (della trilogia io ho amato il secondo poi il terzo ed infine il primo).

      Quindi per quanto riguarda l'ultima frase: non ho detto il migliore in assoluto ma uno dei migliori di sicuro insieme a "Veloce Come il Vento" e gli altri esempi "rischiosi" che tu giustamente citi, poi ci metto pure anche il grandissimo "Traditore" di Bellocchio e i film di Garrone (e ci mancherebbe!).

      PS: non ho voluto rispondere ai vostri commenti sotto la recensione di mck perché quest'ultimo mi taccia di essere saccente e pretestuoso quando in realtà non lo sono affatto, ma lascio agli altri giudicare, di sicuro non volevo ergermi a verità assoluta sul "Il Primo Re" ma come punto di vista appassionato (concitato, ingenuo, emozionale, chiamatelo come volete voi) su una pellicola che mi ha preso molto. Fine.
      FilmTV è bello anche per questo, ci permette di vedere il Cinema attraverso mille occhi diversi e di sicuro non quello di imporre agli altri la propria visione su un'opera. Mi scuso per eventuali polemiche che non sono da me tirare fuori solitamente.

      Alla prossima recensione e grazie per il tuo prezioso contributo ;)


  6. port cros
    di port cros

    Non condivido tutto il tuo entusiasmo perché il film ha indubbiamente fascino e personalità, ma si indebolisce proprio sul finale quando si giunge al climax dello scontro fratricida, perché secondo me i tempi narrativi non sono perfettamente gestiti (si dilunga molto all'inizio, diventa sbrigativo alla fine).
    Comunque si tratta indubbiamente di un'opera molto coraggiosa che osa avventurarsi fuori dai sentieri battuti del cinema italiano e per questo merita di essere vista e raccomandata.

    1. CineNihilist
      di CineNihilist

      Hai ragione, il combattimento è un po’ fiacco a pensarci bene, però alla fine io lo vedo come un sofferto tentativo da parte di entrambi i fratelli a evitare l’inevitabile, quindi non eccede nel pathos perché lavora in sottrazione, trasformando dunque il duello in un doloso incidente che sarà poi il seme che farà nascere il mito di Roma. Il fratricidio dunque non risulta solo barbarico e vano, ma un costituirà un valido elemento su cui costruire la mitologia di Roma, che dovrà dunque versare il sangue dei suoi fratelli per raggiungere un obiettivo più grande ovvero l’imperialismo, l’egemonia, il primato e dunque il fulcro della civiltà occidentale che otterrà definitivamente con la pax augustea. Le guerre civili repubblicane saranno dunque decisive per compiere la definitiva consacrazione nel mondo intero (il bacino mediterraneo) agli occhi dei barbari e degli usurpatori del potere imperiale.

      Come hai detto tu rimane comunque un’opera coraggiosa nel panorama italiano e ti ringrazio per i tuoi numerosi contributi ai miei scritti che gradisco assai. Sicuramente ricambierò il favore nel breve termine.

      Un caro saluto e alla prossima recensione ;)

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