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Il primo Re

Regia di Matteo Rovere vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il primo Re

di axe
8 stelle

Nell'anno della fondazione di Roma, l'area dove sorse la città era una boscaglia paludosa, popolata di uomini poco più che primitivi, dediti alla pastorizia ed organizzati in semplici società, le vite ed i rapporti delle quali sono influenzati dalle volontà delle "divinità", in realtà elementi della natura. In seguito ad una piena del Tevere, i due gemelli Romolo e Remo perdono il loro gregge e sono fatti prigionieri dai guerrieri di Alba Longa, e condotti nella città (qualche edificio in pietra) per essere uccisi in una sorta di spettacolo di combattimento. I due si ribellano e riescono a fuggire - nonostante il ferimento di Romolo - conducendo con loro gli altri uomini presi prigionieri dagli Albani e la sacerdotessa Satnei, che reca con sè un recipiente con un fuoco sempre acceso. Dopo molte peripezie, i fuggitivi, il cui capo è divenuto Remo, s'insediano in un villaggio del quale hanno sterminato gli uomini abili al combattimento. Qui Satnei enunzia una profezia. Dalla comunità nascerà una città destinata ad estendere il suo dominio sul mondo conosciuto, ma solo se, prima della fondazione, uno dei due gemelli morirà per mano dell'altro, il quale poi sarà guida per la sua gente. L'interpretazione della profezia appare semplice, Remo è forte, abile nel combattimento ed in piena salute; Romolo non altrettanto robusto e per di più ferito. Ma Remo, che ha protetto fino a quel momento il fratello, non accetta il "disegno divino"; porta alla morte Satnei, nel frattempo infatuatasi di lui, e si inimica parte della tribù. Mentre avviene tutto ciò, Romolo guarisce e, grazie al proprio carisma, prende il controllo della comunità. Da questo momento, appare evidente chi sarà il "Primo Re". Tragedia, azione, ricostruzione storica si uniscono in quest'opera, estremamente curata e ben interpretata. Il contesto sociale che ospita la genesi di Roma è costituito da piccole o meno piccole aggregazioni di persone costantemente in lotta tra loro e contro la natura, la quale si accanisce con furia cieca contro l'uomo e le sue attività. I fenomeni naturali sono identificati negli dei, entità onniscenti ed onnipotenti, ma capricciose, cui gli uomini si rivolgono con ossequio, per ottenere la loro benevolenza. Solo il Fato, il destino, è più forte delle divinità; insensibile ai desideri ed ai sentimenti degli uomini, ne determina sventure e successi; a nulla serve opporsi ad esso. Satnei ne è consapevole, pronunzia il suo vaticinio con estremo dolore, perchè in esso è scritta l'infausta sorte che attende l'uomo di cui si è innamorata, ed accetta con ieratica rassegnazione la propria fine proprio per mano di esso. I due protagonisti sono personaggi molto approfonditi. Remo è un uomo d'azione più che di pensiero; alla sua ambizione, però, non corrisponde la capacità di "pensare in grande". Riesce ad unire intorno a sè uomini d'armi, che lo ammirano per la forza e lo rispettano più per timore che per carisma. Risponde ad istinti primordiali, difendere sè, il fratello, i compagni d'arme. Romolo ha un'indole molto diversa. Nel momento in cui, quasi per caso, ha la possibilità di prendere decisioni, unisce intorno a sè un gruppo composto non solo da guerrieri, ma anche da donne, anziani, ragazzi; ha l'intuito di riposizionare quale "faro illuminante" della comunità, le divinità, alle quali Remo, peccando di hybris, si era sostituito. Lo scontro tra i due gemelli, e la conseguente sconfitta di Remo è inevitabile. Anche quest'ultimo lo comprende; prima di morire non mostra rancore verso il fratello, che rimane distrutto dal dolore per quanto accaduto. Ciò infonde in quest'aggregazione la determinazione necessaria alla fondazione e difesa della città di Roma. Alessandro Borghi, con le sue movenze repentine e lo sguardo spiritato, è ben calato nel ruolo di Remo. Trasmette un'inquietudine che contrasta nettamente con la rassegnazione e la riflessività proprie di Alessio Lapice, nei panni di Romolo. Ho poi molto apprezzato le ambientazioni ed i costumi. Boscaglie, paludi e radure, con, qua e là qualche povero insediamento, sono teatro delle azioni di uomini rudi, vestiti di pelli e di qualche semplice corazza in cuoio, abbrutiti dalla quotidiana lotta per la sopravvivenza. La stessa Satnei, sacerdotessa custode del fuoco, nonostante un'intuibile giovane età, ha un volto segnato ed avvizzito. Coraggiosa la scelta di utilizzare il latino arcaico come linqua per i personaggi; immagino che dietro tale scelta ci sia stata una notevole mole di lavoro, che impreziosisce il risultato finale. Un'ottima opera, sotto ogni aspetto.

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