Regia di Matteo Rovere vedi scheda film
Non ci sono lupe antropomorfizzate da effetti speciali un tempo avveniristici come nella saga di Narnia, ormai desueti o imbarazzanti anche all'interno di una produzione ambiziosa ma prettamente nazionale. Non ci sono incongrui dialoghi altisonanti e forbiti, sco sgradevole ma irrinunciabile di molta produzione anche ad alto budget di destinazione televisiva, ovvero di massa.
La storia dei fondatori di Roma e di un Impero quasi senza confini, concepita con ingegno e coraggio da Matteo Rovere, punta su una natura livida e severa, dagli istinti maneschi, maldestri ed incontrollati che si abbattono su esseri viventi e inanimati, con la forza incontrollata di una potenza senza pari di fronte alla quale si può solo soccombere. Punta su un linguaggio arcaico, consono e ostile, che pensa a tutto fuorché a rendersi accattivante alle folle, questa coraggiosa narrazione epica incenttata sulla nascita fi una città e di un impero. E ci restituisce una umanità soggiogata dai misteri di un regno naturale per nulla sotto controllo, e per questo ancora saldamente in mano a dei e entità superiori rancorose e capricciose, disposte a giocare con le deboli vite umane ed animali, con la malizia di un felino sadico e capriccioso che vuole solo appagamento e sacrifici a suo favore.
L'epopea controversa e misteriosa, frutto di innumerevoli leggende tramandate soprattutto oralmente, inerente i due gemelli padri di un futuro impero, diviene con la trasposizione coraggiosa ed antispettacolare di Matteo Rovere, un colossal spesso ostico, ma affascinante, che guarda soprattutto i lati oscuri di una umanità afflitta dall'imponderabile e per questo disposta in modo autolesionista a punirsi e ad umiliarsi con regole comportamentali ferree e masochistiche in cui la potenza del singolo si annulla a favore di una dottrina improntata sulla legge del più forte. Ma tra un Remo forte ed astuto, tattico e pianificatore anche subdolo, ma vittima del proprio incontrollato senso missionario di conquista e prevaricazione, ed un Romolo sacrificale, più assennato, populista e propenso al dialogo, prevarrà quest'ultimo anche quando gli auspici e le veggenze parevano appoggiare e favorire il primo.
Rovere e il suo team, che rappresentano gli albori di una umanità pre-cristiana con uno stile realista ed antiscenico che può ricordare l'approccio ostico ma affascinante adottato da Annaud nel suo indimenticato "Il nome della rosa" , azzeccano anche i due interpreti principali, avendo l'accortezza e la lungimiranza di riservare il ruolo più complesso e controverso di Remo al maturo e sfaccettato Alessandro Borghi, magnifico. Ottimo pure Alessio Lapice, eroe suo malgrado, predestinato ad una grande responsabilità di fondatore, nonostante l'apparente ruolo di secondo piano a cui pareva relegato a causa soprattutto della prepotente carica personale e l'orgoglio del fratello. Nei titoli di coda un veloce excursus di conquista ci disegna gli irresistibili confini espansivi del più grande impero mai esistito.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta