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Our Time Will Come

Regia di Ann Hui vedi scheda film

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La recensione su Our Time Will Come

di supadany
8 stelle

Far East Film Festival 20 – Udine.

La Storia dell’umanità è sempre stata scandita dai conflitti bellici, con tante vite sacrificate all’altare del volere di poche persone di potere, traumi indelebili e frustrazioni spossanti, ma anche l’ardore di chi non ha alcuna intenzione di rinunciare alla sua identità e alla libertà del suo popolo. Individui con un obiettivo primario di alta concezione, disposti a rinviare le pagine personali più promettenti a valle dell’ottenimento della vittoria sul campo. Come la notte - per quanto possa essere lunga e tempestosa – è apoditticamente destinata a lasciare spazio all’alba, così ogni conflitto prima o poi deve finire, lasciando che alcune promesse trovino il tanto sospirato compimento.

Hong Kong, 1942. L’occupazione giapponese rende impossibile la vita della popolazione e per sopravvivere Lan (Xun Zhou) e sua madre (Deannie Yip) vivono il più lontano possibile da sguardi indiscreti, almeno fino a quando la ragazza fa la conoscenza di Blackie Lau (Eddie Peng), un ribelle votato alla lotta contro gli invasori. Da questo momento, la stessa Lan diventa membro attivo della resistenza, sfidando il pericolo e spingendo anche sua madre a compiere azioni improvvide, ad alto rischio per la sua incolumità.

 

Xun Zhou

Our Time Will Come (2017): Xun Zhou

 

In Our time will come si ricompone la coppia formata da Ann Hui in cabina di regia e Deannie Yip in scena, che aveva riscosso numerosi consensi favorevoli al Festival di Venezia del 2011 con A simple life, per il quale l’attrice conquistò la Coppa Volpi quale miglior interprete femminile del concorso ufficiale.

In questa circostanza, cambia lo scenario del dispositivo, consolidato sull’impegno civile e sulla memoria, ma non si discosta in quanto a levatura autoriale. Infatti, Ann Hui, pur optando per un’intelaiatura compositiva assodata che utilizza un quadro d’insieme storico per sviscerare anche vicende personali toccanti, conferma d’essere autrice integra, sensibile e oculata, con idee chiare da elaborare.

Così il caos fuori dalla porta di casa di un popolo stremato dall’occupazione straniera, con spie coraggiose, soldati aventi come prima opzione quella di uccidere i sospettati di cospirazione, intellettuali costretti a nascondersi e fuggire e guerriglieri pronti anche alle azioni più rischiose, è descritto con un linguaggio e un cipiglio che sfruttano saggiamente il minutaggio, creando una discreta dose di coinvolgimento, unendo il popolo nella battaglia e nel ricordo.

In aggiunta, seguendo un sentimento dilagante e trasversale per geografia e arti figurative, accentua la prevalenza territoriale della componente femminile, mentre le scelte registiche sono chiarificate fin dal prologo e poi mantenute con fedeltà e rigore.

Considerando inoltre l’indelebile scena finale che, con un semplice e lento movimento di macchina, collega il passato al presente lasciando (definitivamente) a bocca aperta, Our time will come compie l’ultimo passo che fino a quel momento gli faceva difetto (da leggere come scena memorabile) per rientrare nel novero dei grandi film (è il pluricandidato numero uno ai premi del cinema di Hong Kong di questa stagione), apprezzabile dai suoi fruitori senza particolari riserve, potendo contare sul respiro dell’affresco, con i suoi tratti universali (da che mondo è mondo, gli invasori sono il nemico per eccellenza), ma anche sulla captatio benevolentiae che i singoli personaggi inevitabilmente esercitano.

Un’opera resiliente per contenuti e forma, con un apparato filmico composito e tonico. 

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