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1922

Regia di Zak Hilditch vedi scheda film

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La recensione su 1922

di Furetto60
7 stelle

Horror di buona fattura, tratto da un racconto di Stephen King, non molto originale, ma solido, ben girato e ben interpretato

Wilfred James è il personaggio che presta la voce narrante e che ci guida nel racconto ed è quella dello stesso protagonista, che scrivendo una sorta di testamento spirituale, ci illustra ciò che gli è accaduto negli ultimi 8 anni. Dunque la storia comincia nel Nebraska, anno 1922 e appunto Wilfred James alias Thomas Jane, è un contadino proprietario di un esteso latifondo, che abita in una fattoria in mezzo a questa ampia radura, che pur non navigando nell’oro, è soddisfatto della sua vita agreste, che condivide con la moglie Arlette alias Molly Parker e il figlio Henry,con i quali gestisce la sua masseria. Arlette però è annoiata da questa vita monotona e priva di guizzi, coltiva ben altri progetti, vuole trasferirsi in città e aprire un negozio d’abbigliamento. Su questa aspra divergenza, i due coniugi si scontrano al punto che lei arriva alla determinazione di approdare ad un divorzio, consensuale, ottenere l’affido del figlio e dividere il ricavato della vendita del terreno. Wilfred invece è affezionato a quella terra, non vorrebbe disfarsene, gli piace il suo lavoro, considera la città “per gli stupidi” peraltro non sguazza nell’oro, tutt’altro si trova in difficoltà e allora gli viene la brillante idea. Facendo leva sul sentimento che sboccia tra Henry e una giovanissima ragazza del posto, lo persuade che l’unico sistema per rimanere in quella casa ,è eliminare l’ostacolo, cioè la madre. Wilfred dunque organizza e pianifica un uxoricidio, con la riottosa complicità del ragazzo, plagiato viscidamente dal padre. L’omicidio della donna, che a detta del marito, sarebbe dovuto essere quasi indolore,  si traduce in un crudele e sanguinario atto di macelleria, con uno sgozzamento maldestro e truculento, dopo il misfatto il cadavere viene scaraventato nel pozzo e ricoperto di terra. Come lo stesso protagonista racconta, a quell’epoca in quei posti, dalla mentalità arcaica e patriarcale, non ci si faceva tante domande e se una donna spariva, pochi o nessuno si mettevano a cercarla. Cosi Wilfred e il figlio non hanno grane sul piano giudiziario,tuttavia quella scioccante svolta, della vita, sarà l’inizio di un’escalation di orrore, il figlio mette incinta la fidanzatina e va via con lei, per evitare il convitto e l’adozione del figlio in arrivo, cui il genitore di lei l’obbligherebbe, cosi scappano, ma non disponendo si alcuna risorsa economica, si danno al crimine, cominciano a fare rapine, fino a quando nel corso di un conflitto a fuoco,la ragazza viene colpita e muore e a seguire anche Henry travolto dal dolore si suicida. Questa parte del racconto la sussurra alle orecchie del protagonista,il fantasma della moglie, che come dice Wilfred solo una donna morta come lei può sapere , insomma il male che ha fatto ricade pesantemente su di lui, il ricordo e il rimorso,a volte sotto forma di allucinazione e a volte come fantasma maligno della consorte, lo tormenterà per sempre, fino alla fine dei suoi giorni e tutto ciò per cui ha lottato e che lo ha spinto a commettere il peggiore dei crimini,si sgretola rapidamente, fino alla nemesi conclusiva. Il regista Zak Hilditch, che ha anche curato l'adattamento del testo di King, punta sulla dimensione morale, unita al contesto rurale, ovviamente anche quella horror trova il suo spazio: non mancano gli spettri vendicativi, ma la vera tensione deriva dal tormento psicologico e spirituale del protagonista,angoscia esistenziale,ossessione persecutoria, deriva umana,abbrutimento interiore degrado sociale.Premettendo che la storia non è originale, le tematiche, sono tipiche delle storie di King,ed evocano anche alcuni racconti di altre due firme immortali dell'horror, Edgar Allan Poe e H.P. Lovecraft, bisogna però riconoscere che è ben istruita e raccontata, nella lenta ma inevitabile demolizione, dei valori d'altri tempi e della stabilità mentale di un uomo che a mano a mano perde il contatto con la realtà, la cui voce narrante , sotto forma di confessione scandisce i vari orrori. L'atmosfera c’è ed è di grande suggestione, tra scene truculente, ratti che sbucano da tutte le parti e la criminale follia, la trama procede con studiata lentezza e pur avendo il sapore del déjà vu, rimane comunque efficace, in virtù di una sceneggiatura asciutta e anche grazie alla performance artistica e ipnotica di Thomas Jane, qui alle prese con un ruolo che gli consente di dare un grosso spessore psicologico al suo personaggio. Attraverso il suo inferno personale gli spettatori vengono trascinati e risucchiati in un lungo incubo disturbante da cui è impossibile staccare gli occhi, un viaggio nel passato violento dell'America che conferma il talento di King nel raccontare gli orrori umani

 

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