Regia di Bryan Singer vedi scheda film
La calibratura registica di Bryan Singer è ineccepibile e persino personale, così come l'impegno mimetico e performativo di Rami Malek.
La storia dei Queen o la storia di Freddie Mercury? Entrambe, ma in fondo nessuna delle due. Infatti è una storia "riveduta e corretta", in cui la realtà è costantemente superata dalla leggenda. Che infine trionfa su tutto. Ed è giusto così. O forse anche no. Ad Anthony McCarten (L'ora più buia) non interessano i fatti documentati: la sua sceneggiatura, approvata da Brian May e Roger Taylor, osserva il fenomeno Queen "dal di fuori", ossia con la superficialità epidermica (ma trascinante, almeno sul momento) di un ammiratore di Mercury e della band che assiste ad un loro concerto. Eloquente, in proposito, il nocciolo concettuale dell'ultimo quarto d'ora (preannunciato sin dal prologo: è quello il vero evento), che contiene la clamorosa ricostruzione del Live Aid, esaltata da un'impalcatura sonora e spettacolare che toglie il respiro: l'obiettivo (raggiunto appieno) è quello di permettere ai fan di vedere esibirsi dal vivo i loro amati beniamini. Il film glorifica la genesi dei pezzi più celebri del quartetto, inventa personaggi mai esistiti (come quello interpretato da un camuffato Mike Myers, che cita fra le righe una gag del suo Fusi di testa), si approccia in maniera abbastanza conservatrice al rapporto del cantante con la propria sessualità, rimaneggia la scansione temporale degli eventi per alzare con furbizia drammaturgica il tasso di mélo (anticipando di diversi anni la diagnosi di AIDS da parte di Mercury e amplificando le frizioni interne al gruppo) e innaffia il tutto con fiumi di ironia (talora contagiosa, talora eccessivamente agiografica). In ogni caso, la calibratura registica di Bryan Singer (e anche di Dexter Fletcher, che lo ha poi rimpiazzato nelle riprese) è ineccepibile e persino personale (in fondo il protagonista è trattato alla stregua di un superhero), così come l'impegno mimetico e performativo di Rami Malek, in grado di restituire con dolcezza il corpo e l'anima di Mercury nonostante non somigli molto alla controparte reale, al contrario degli altri interpreti "sosia" che lo affiancano (ovvero Gwilym Lee, Ben Hardy e Joseph Mazzello).
La colonna musicale, assemblata da John Ottman, brilla (naturalmente) di luce propria.
Voto: 6 — Film DISCRETO
VISTO al CINEMA
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta