Regia di Mike De Leon vedi scheda film
La selezione, la dura lotta per riuscire ad arrivare alla posizione dominante, la nascita del nuovo maschio Alpha, in un disarmante film cult filippino restaurato per Venezia 74 e riportato alla luce dopo l'oblio. Antesignano forse casuale di prodotti di consumo alla Hunger Games o peggio degli attuali talent shows che invadono il piccolo schermo.
VENEZIA 74 - CLASSICI RESTAURATI
Uno studente universitario filippino di nome Sid Lucero, sogna di poter entrare a far parte di una esclusiva corporazione che comprende un numero chiuso di adepti tra i suoi colleghi, e si tramanda di padre in figlio, ostacolando l'ingresso di nuovi elementi con prove e test psico-attitudinali di un certo rigore e severità.
Il gruppo (il "the batch" del titolo) si chiama Alpha Kappa Omega, e, nel giorno in cui il ragazzo viene convocato, si trova assieme ad altri 15 coetanei a contendersi i pochi posti che sono previsti per le nuove reclute. Il percorso di iniziazione prevede ben sei mesi di prove, massacranti e selezionatrici, che si riveleranno dure e spossanti sia fisicamente, sia psicologicamente, protese queste ultime a incoraggiare la tensione e i contrasti tra i partecipanti, aumentando l'adrenalina e le prospettive di attesa, incitando la rivalità tra i contendenti.
La tensione e il disagio per le umiliazioni fisico-psicologiche a cui vengono sottoposti i ragazzi, porterà a conflitti intestini, ad esaltare rivalità, sollecitare colpi bassi e meschinerie tra i partecipanti, fino a sfociare in vere e proprie torture con apparati e macchinari studiati per l'occasione: strumenti sadici che porteranno anche a procurare ai contendenti, ferite e danni fisici irreparabili.
Per coloro che supereranno quel sadico percorso ad ostacoli, una inquietante festa in maschera - e clamorosamente (non si comprende molto bene se per spirito goliardico o per altre ragioni sottintesa ma non rivelate) "en travestì", con contorni, drappi e sfondi inneggianti addirittura a svastiche naziste, e musiche in stile "Cabaret" - darà vita ed ufficializzerà il nuovo ingresso dei pochi "sopravvissuti" in grado di accedere alla casta.
Misconosciuto (almeno dalle nostre parti) film iniziatico che tuttavia pare rivesta lo status di cult in patria, Batch '81 di Mike de Leon, con la star filippina Mark Gil, è una sorta di rivisitazione-riproposizione del filone generazionale d'autore americano che, a cavallo tra i '70 e '80, trovò ad esprimersi in materia grandi autori del calibro di Coppola (I ragazzi della 56° strada e Rusty il selvaggio , pur ambientati almeno un decennio prima) e Walter Hill de I guerrieri della notte.
Ma anche un anticipatore di quel filone commerciale che, da inizio secolo, da Battle Royale a Hunger Games, ha fatto della sopravvivenza a scapito dei contendenti, la sua ragion d'essere, avvicinando come linguaggio espressivo il cinema (ahimè dozzinale e ripetitivo all'infinito) al videogame.
De Leon frulla prove iniziatiche e sadismo, inserisce (anche un pò a casaccio, a mio giudizio) simboli ed eccessi di precedenti derive corporativiste che portarono l'umantà a livelli di barbarie incontrollate, con un clou nella festa in maschera con uomini baffuti travestiti e drappi nazisti platealmente in sottofondo, che pare un delirio senza costrutto, o al contrario una chiara denuncia sin troppo amaccata sul pericolo rappresentato dal corporativismo clandestino. Per non parlare di un pre-finale pulp ove il sangue arancione schizza tra gli arti mozzati dei contendenti in lotta, come nel bel mezzo di un horror splatter d'annata.
Insomma un delirio incontenibile, in pasticciaccio che non è tuttavia posdibile lasciar passare inosservato, tanto sfrontato da arrivare a citare anche, non si comprende quanto scientemente, certe derive pasoliniane e fassbinderiane.
Una pellicola che se da un lato dimostra una sfrontata volontà di farsi notare e di colpire lo spettatore, dall'altro può in qualche modo essere considerato un (geniale, o al contrario del tutto casuale) anticipatore di quella attuale nostra tendenza a farci lobotomizzare il cervello con i corporativismi da talent show che sono il pane quotidiano della vita dello spettatore televisivo medio di oggi, che spesso partecipa anima e corpo a prove e contrasti pre-confezionati, maldestri e faziosi, oltre che inutili e tendenziosi, ad uso e consumo di una massa sempre più voyeurista di utenti teledipendenti senza più capacità di discernimento per cambiare canale o, meglio ancora, spegnere la scatola magica.
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