Regia di Woody Allen vedi scheda film
Topos alleniano, il confronto e la contaminazione fra realtà e finzione - specie quella su pellicola - tocca qui uno dei suoi massimi vertici; il racconto Il caso Kugelmass (contenuto in Effetti collaterali) aveva già esplicitato in maniera significativa la teoria di fondo dell’autore: la fantasia non solo esiste, ma è anche meglio della vita reale, eppure dovendo accontentarci della seconda conviene amarla, pur con tutti i suoi palesi difetti e problemi. Se lo scritto era però più spiccatamente comico, questo La rosa purpurea del Cairo (sceneggiatura dello stesso Allen) è invece una commedia brillante con sfumature romantiche che riecheggia i film tanto amati dal cineasta in gioventù (e infatti la storia è ambientata negli anni ’30 del Novecento). Affidata la parte di protagonista alla compagna Mia Farrow, il regista sceglie qui per la seconda volta nella sua carriera ormai quindicennale di non comparire sullo schermo (la prima era stata Interiors, 1978); al fianco della Farrow ci sono Jeff Daniels, Danny Aiello, Dianne Wiest, Van Johnson e altri nomi che segnalano l’importanza già acquisita dai cast di Allen. Se la storia è forse un pò troppo lineare e magari in certi momenti anche scontata, ciò è dovuto senz’altro alla ricerca di toni e soluzioni narrative sciolti, da romanzetto di puro intrattenimento, sempre seguendo la scia delle opere amate dal regista da ragazzino e ben rappresentate dal film nel film, intitolato – tanto per complicare le cose – proprio La rosa purpurea del Cairo. Il pessimistico colpo di genio del finale, che spiega cosa distingua la realtà dalla finzione: la crudeltà degli uomini, salva dalla prevedibilità il lavoro. 7/10.
Insoddisfatta del lavoro e del marito, Cecilia preferisce rifugiarsi nel cinema e nei suoi sogni. Un assurdo le fa incontrare dal vivo il personaggio di un film e anche l'attore che lo interpreta: quale dei due preferirà?
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