Regia di Jason Kohn vedi scheda film
"L'amore non significa nulla": parola da duro di "zio" Nick Bollettieri, leggenda vivente e stravagante, controversa e contraddittoria, ma per tutte queste svariate ragioni, anche geniale, della storia del tennis mondiale nei suoi più significativi traguardi mai raggiunti.
Il "coach dei coach", il numero uno, nonostante (e sono parole di Becker) non solo egli non abbia mai vinto una partita, ma probabilmente non ne abbia mai giocata una.
Si perché Bollettieri si ritrovò per caso catapultato nel mondo del tennis, ove, assistendo a due/tre lezioni di base, imparò e fece sue quelle tre nozioni tecniche di base indispensabili per costruirci sopra una spinta caratteriale, la scintilla magica in grado di fornire lo sprono ideale e necessario ai campioni per vincere e diventare i numeri uno.
Bollettieri ha avuto, oltre che questa dote/ astuzia, anche la capacità di saper individuare, coltivare, plasmare, i campioni della propria scuderia, oltre 180 tra uomini e donne che risultarono campioni in lizza alle classifiche mondiali, e distintisi presso i più prestigiosi campionati e tornei del mondo.
L'epopea/terremoto Agassi è solo il fulcro centrale di tutto un modo di agire controverso, ma che seppe dare risultati concreti ed indiscutibili anche da parte di chi, come il campione sopra citato, si scagliò violentemente contro il proprio ex coach, ingaggiando una battaglia con strascichi legali mai giunta ad una definitiva soluzione.
E poi Courier, Seles, Becker: i nomi e le testimonianza, dirette od indirette, scorrono assieme alle parole dello stesso Bollettieri, che accetta di parlare di sé, di demolirsi con dignità e grinta, con doti di autocritica, ma senza nascondere quell'orgoglio da belva che lo rese un vincente costruitosi da solo e dal nulla.
Nel bel mezzo di una serie di campi da gioco dismessi del suo regno/allevamento di talenti, Bollettieri, oggi 86enne ancora licido e ruggente, ma non esente da commozione quando accetta con grande dignità e spirito di collaborazione di leggere uno stralcio della lettera che Agassi riporta nel suo famoso libro di memorie "Open" - vita caotica anche nell'intimità familiare, con otto mogli ed altrettanti divorzi da gestire - si sottopone ad una lunga ironica e intrigante intervista che ripercorre i molti capitoli salienti di una vita straordinaria, nel bene come nel male, con l'onestà di non costruirsi addosso immagini falsate di se stesso, ma mantenendo una ironia distaccata ed autoironica che strappa l'appaluso in più occasioni.
L'approccio del regista Jason Kohn nei confronti del più controverso e famoso allenatore di tennis al mondo è ironico e punta al risultato, comprende appieno lo spirito pratico e la schiettezza impudica dell'uomo al centro dell'attenzione, e ne mette in luce senza inutili enfasi, ma anche senza falsi o pietosi veli di censura, la grinta e la motivazione che lo spinsero a diventare il primo vero e miglior guru del mondo dello sport.
Ad alternare le interviste al protagonista, ed a coloro che si trovarono in prima persona coinvolti nella sua opera di formazione, stralci e momenti fatidici di sfide e match tennistici che hanno fatto la storia di questo sport, e che riescono a riprodurci le emozioni vissute da giovani in quei periodi appassionati trascorsi a ridosso della terra rossa dei campi, o più spesso attraverso il tubo catodico dei vecchi televisori dai colori sgargianti ed esagerati dell'epoca.
Applausi meritati e a scena aperta in sala, tra il pubblico.
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