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Loro 1

Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film

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Fulvio Wetzl

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Loro 1

di Fulvio Wetzl
10 stelle

Quando 15 giorni fa sono uscito dalla proiezione della prima parte, a chi mi chiedeva a botta calda un commento sul film, ho risposto: "Il film è bellissimo perché mi ha fatto schifo". Stavo parafrasando un commento ad un mio film "Prima la musica, poi le parole", fatto da un gruppo di giurati ragazzi, al Giffoni Film Festival nel 1999, dove il film era in concorso: "Il film non ci è piaciuto perché Lanfranco (il padre interpretato da Jacques Perrin) è cattivissimo con il figlio".Tipico dell'infanzia è scambiare il contenuto per la forma, non ci piacciono i personaggi perchè agiscono male nel film, quindi non ci piace il film. E io stavo scambiando il contenuto per la forma. Mi ha fatto schifo perchè quello che vedevo snocciolarsi spietato davanti agli occhi era schifoso, questo rutilante esagitato, a volte esangue, carnevale grottesco di carni al macello, tette e culi, baci saffici e finti pompini, ambienti asettici arredati da architetti compiacenti, come certe cartapeste barocche per l'ingresso dei sovrani, luci da palcoscenico, fish-eye a circoscrivere, aureole al neon, e questo arrancare e arraffare, arrancare e arraffare, contatti e conchiglie oceaniche, sfioramenti e polluzioni, tracheotomie e tosaerbe, strip di coca, e strip tout court, body guard e body builder era nauseante e seducente perché coreografato con sapienza dalle luci di Bigazzi, dai sinuosi e avvolgenti a volte claustrofobici movimenti di sky cam e dolly e droni continui e stordenti. Noi vedevamo "loro" e sulla superficie riflettente dello schermo, vedevamo noi, sì anche noi, la sinistra che per anni "ha graziato Berlusconi", perché una parte della sinistra, quella che ha trasformato la parola socialismo in un insulto, quella che viveva nella Milano da bere, al di sopra di ogni mezzo e ogni decenza, quella che faceva mercimonio di cadaveri e prendeva due terzi degli appalti in tangenti, un terzo per l'opera, la sinistra di Craxi e dei "loro" accoliti, è il brodo di coltura da cui è saltato fuori il girino che meglio ha imparato la lezione, diventando un grande rospo pasciuto a 46 denti pronto a rifilarci appartamenti virtuali e dentiere posticce, sogni e mutui a tasso zero, creando quel fenomeno impressionante e mai prima di allora così coerente e così compiutamente disegnato fin nei più minuti dettagli e optional che è il "berlusconismo" (la Milano da vomitare). Con la nostra compiacenza, confinati orgogliosamente e sterilmente in un Aventino della coscienza etica, abbiamo permesso tutto questo, molti di noi sono scivolati nel whirpool, rimanendo sul bordo della voragine un giro di giostra, due giri e poi giù. Vedere condensato in 3 ore e mezzo di due capitoli, tutto lo schifo che abbiamo permesso e fatto, vedere in due inquadrature complementari simmetriche e frontali il kilomentrico tavolo delle 60 ospiti festanti a villa Certosa, e il pletorico schieramento del governo Berlusconi al giuramento davanti a un Napolitano costernato, è stato devastante. Sono tornato stasera a vedere per la seconda volta Loro 2, e l'ho trovato potente e annientante. Ho pensato che i nostri supereroi, i nostri Avengers, i nostri Marvel, usciti ad occupare in due militarmente il 90 % delle sale, lo stesso giorno, sono questi, questi Sergio Morra, questi Santini, Cupe, questi topi grandi come nutrie che fanno deragliare ed esplodere camion della monnezza sui fori imperiali, questi agnelli sacrificali che muoiono assiderati dall'aria condizionata a palla o perché non sanno scegliere su quale monitor vedere il quizzone di Mike, questi Apicella e Fabi Concati, e fischiatrici che hanno fatto il master a Dubai, e soprattutto questo cerone ambulante modellato da madame Tussauds sul modello di Spock (quanto era umano lui, pur con le orecchie a punta in sù), questa attricetta emiliana, diventata antroposofa sulla via di Bangkok. Questi Bertolasi, Bondi, Doris, Confalonieri... I nostri supereroi, quelli che ci meritiamo ora come allora, ora che lo abbiamo "riabilitato". Il moralismo e il giudizio, l'indignazione e il disgusto lo esprimo io, Sorrentino non lo fa, il suo è uno sguardo fenomenologico e beffardo, e, guardato attentamente come ho fatto stasera il suo è un grande film sperimentale. Lui riesce a ricreare mimeticamente lo stile degradato che le televisioni commerciali, scimmiottate quasi da subito dalle tv di Stato, hanno imposto fino a corrompere il nostro sguardo, il nostro gusto, la nostra percezione, la nostra cultura dell'immagine, ammesso che mai l'abbiamo avuta. Basti vedere la sequenza in cui lo schermo si divide in due, quattro, forse otto split screen, con tutte le oscene fiction che il gigantesco (d'altezza) Max Tortora, propone a Silvio, e propina a noi, per culminare con la sintesi delirante di Lady Diana smanacciata dal "negretto" nella capanna, in "Congo Diana", per credere alla copia pantografata dell'estetica berlusconiana, che non è ahimè molto distante dall'estetica di "Gomorra" e "Suburra" le serie, che ho smesso o forse non ho mai iniziato a vedere, stufo di entrare nelle ville hollywoodiane con impluvi pompeiani e cascatelle al neon dell'ennesimo capo della Camorra a Casal di Principe. Perché devo sorbirmi quest'orgia di cattivo gusto, che tracima dal mio computer e mi sporca e inquina lo sguardo e la coscienza etica ed estetica? Non voglio fare la fine della pecorella smarrita di Loro 1, annientata come il giapponese di fronte a La grande Bellezza, di fronte alla grande bruttezza. O la sequenza presa di peso dalle telenovelas, girata in campo-controcampo-campo a due come nel più classico dei posti al sole, della notte dei lunghi coltelli tra Silvio e la Veronica (questa volta a rivelare - forse nel senso di velare due volte, senza lasciare tracce di Sindoni), con i dialoghi espiciti e torniti, senza ombra di allusione, condotti da principio alla fine, del discorso e del rapporto come in un"incantesimo a Dallas. Anche se gli spazi immensi - le distanze tra i due, evocano l'immensa villa stracolma di costosi ammennicoli, che è forse il modello culturale ed esistenziale sia di Berlusconi che di Sorrentino, la villa circondata da no-trespassing dove l'immenso Welles litiga con la moglie, mediocre soprano tanto quanto Veronica era una mediocre attrice, in Quarto Potere. Il potere salvifico dell'arte, sembra dire Sorrentino, non è più possibile, un film, un libro o una mostra di un grande della pittura (magari senza commenti fuorvianti di Sgarbi) non riescono più a "pulirci le testine" ossidate da orge di cattivo gusto, inquadrature sbilenche, tagli e dettagli rabberciati di mani gesticolanti nel tg della sera, non c'è epifania, riscatto finale, c'è apocalisse, la terra trema, un Cristo vola come nell'incipit de La dolce Vita, ma per atterrare su un fianco in una coperta rossa sul cumulo di macerie de L'Aquila. Non c'è più un lunghissimo camera boat a ritroso sotto i ponti del Tevere all'alba a nutrirci di ineffabile bellezza "eterna" ma un analogo carrello sui volti attoniti di sfollati e protettori civili seduti sui muri rabberciati, alle 4 di una notte maligna. Dicevo dell'analogia tra modelli culturali ed esistenziali tra Sorrentino e Berlusconi e mi è venuto come un flash, una proporzione simil matematica: vedendo l'agitarsi delle centinaia di comparse prima nelle ville affittate da Morra - Tarantino intorno a Villa Certosa, per esibire carni tette e cosce ad usum di Lui, poi direttamente in villa ad usum delle sue mani e delle sue voglie, e l'impegno che questi ragazzi scritturati da Sorrentino mettono nelle coreografie instancabili, nell'esprimere sguardi ammiccanti e trasognanti a Lui e a noi, e il gusto con cui il regista percorre corpi e pubi, depilati e non, non sarà che Sorrentino sta a chi ha scritturato per il suo film, come Berlusconi sta a chi ha scritturato per le sue feste? C'è poi molta differenza tra il bailamme chiassoso del cinema, lo sgomitare per esser scelti a tutti i costi di comparse e attori, e il tour de force estenuante delle mille veline, escort, zoccole e magnaccia, per essere invitati a corte? Non sarà che a Sorrentino nel descrivere con lucidità entomologica un universo deviato come quello di Lui, sia sfuggita la mano, come successe a Renzo De Felice nello stilare per Einaudi la monumentale biografia di Mussolini, da rimanerne affascinato se non addirittura innamorato? 

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