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Rosita

Regia di Ernst Lubitsch, Raoul Walsh vedi scheda film

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La recensione su Rosita

di alan smithee
8 stelle

Un gioiello ritrovato apre nel modo più consono e vivace, intelligente ed esclusivo, i battenti della Mostra veneziana nr. 74.Una festa per il cinema e per l'arte nel suo complesso, frutto di una complessa collaborazione tra discipline ed esperti di varia provenienza

locandina

Rosita (1923): locandina

VENEZIA 74 - PRE-APERTURA - VENEZIA CLASSICI - RESTAURI

Come è ormai consuetudine da un paio di anni, la Mostra si concede una "pre-apertura" dedicando la sua attenzione ad un film muto, che per l'occasione, e' stato provvidenzialmente restaurato. 

In questo caso il film non solo viene riportato all'antica qualità od anzi perfezionato dalle sempre più sofisticate tecniche a disposizione: l'opera del grande uomo di cinema che fu ed è  per sempre Ernst Lubitsch (Vogliamo vivere, Scrivimi fermo posta, Il cielo può attendere, Ninotchka e tante altre gemme preziose), è  stato fortuitamente ritrovato dopo che per anni si riteneva se ne fossero perse per sempre le tracce. Tutto ciò grazie al ritrovamento di una copia con didascalie in versione russa (ritradotte ed adattate a cura del Moma). La partitura invece è stata ritrovata, per una sola sua parte, a Washington, ed è merito della tenace musicologa Gillian Anderson se è stato possibile ricostruirla minuziosamente fino a completarla.

In sala, questa sera, in una sala Darsena gremita e colma di tutti i suoi 1400 posti a sedere, la stessa Anderson è intervenuta sul palco a dirigere la Mitteleuropa Orchestra del Friuli di Udine - davvero fantastica - che ha contribuito a rendere sublime la visione di questa scoppiettante commedia degli equivoci e dei crucci amorosi non corrisposti. Fino ad un finale incontenibile, scatenato e gioioso.

Mary Pickford

Rosita (1923): Mary Pickford

Mary Pickford

Rosita (1923): Mary Pickford

In una Spagna di un passato di fantasia e non precisamente specificato, un sovrano capriccioso e donnaiolo, si invaghisce in modo incontenibile - pur sposato e con amanti sparse in tutta la corte - di una avvenente cantante di strada (la interpreta una tra le più celebri e potenti dive del muto, Mary Pickford, la "fidanzatina dell'America anni '20, qui alla sua unica collaborazione con Lubitsch) abile a improvvisare canzoni dai contenuti anche piuttosto spinosi o scomodi (praticamente una rapper ante-litteram!!!). Della donna, tuttavia, si invaghisce pure un aitante giovanotto di nobili origini (lo interpreta George Walsh, fratello del celebre regista Raoul) ricambiato dalla ragazza. 

Ma il re, tiranno ed accentratore, incapricciato irrimediabilmente della avvenente e disinvolta ragazza,  organizza una trama per prelevare a forza l'artista mentre fervono i preparativi nelle strade per la festa del Carnevale. Ma il giovane contendente la salva, facendosi catturare. Condannato a morte, costui sarà protagonista di un complicato e divertente complotto inerente la sua esecuzione alle armi: circostanza che terrà lo spettatore sulle spine sino al finale... non proprio a sorpresa, ma senz'altro dal gran ritmo, nella migliore tradizione delle scatenate commedie avvenire, con l'avvento del sonoro, lungo tutti gli anni '30 e '40.

Mary Pickford

Rosita (1923): Mary Pickford

Il restauro della pellicola è perfetto e stupefacente, e riporta allo stato originale scelte intelligenti e visivamente straordinarie di Lubitsch, che utilizza sfondi imponenti, riprese con diversi campi di profondità e complicate inquadrarure con giochi di specchi (la scena della spiata da parte della regina, complice della svolta a sorpresa finale); inoltre il regista si avventura in soluzioni cromatiche per quell'epoca avveniristiche, nell'ambito di un obbligato bianco e nero: sceglie infatti di puntare sui grigi freddi nelle situazioni e scene drammatiche, virando invece al seppiato caldo e rassicurante quando deve invece riprendere scene di sentimento, o di massa e popolo festante.

Pensare di aver recuperato e restaurato per sempre questo gioiello perduto è una notizia rassicurante che può anche entusiasmare. È sconfortante, al contrario, pensare che, come ci ha ricordato questa sera il Direttore della Mostra Alberto Barbera, quasi l'80% delle opere del cinema muto sono andate ormai inesorabilmente perdute.

Onore e merito ai festival, quando si rendono protagonisti, come in questo caso, di riportare alla ribalta simili preziosi salvataggi.

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