Regia di Mario Martone vedi scheda film
Martone è sempre un regista da seguire e, anche se "Capri revolution" non eguaglia il fascino de "L'amore molesto" o "Il giovane favoloso", non merita l'atteggiamento di sufficienza con cui è stato accolto dalla critica alla prsentazione al festival di Venezia. Il film continua la serie di ritratti femminili che sono sempre di grande spicco nel cinema di Martone grazie alla figura di Lucia, una povera contadina che nella Capri del 1914 viene attratta dai membri di una comune nordica proto-hippy che sperimentano nuovi modelli sociali e relazionali, fino ad emanciparsi dal servilismo della famiglia patriarcale e a scegliere un proprio percorso di crescita e indipendenza. "Capri revolution" è la storia di una rivoluzione interiore, un film che conferma la predilezione di Martone per figure complesse e tormentate, che mettono in discussione i limiti della cosiddetta "morale comune". Qui i numerosi confronti dialogici tra il medico razionalista e il leader della comune offrono la chiave dell'opera, ma al tempo stesso rischiano di trasformarsi in una zeppa didascalica in cui il regista concede troppo spazio all'esposizione dei contrastanti punti di vista. La sceneggiatura ha qualche altra debolezza come il cambiamento un po' troppo brusco di Lucia nella seconda parte e non approfondisce a dovere alcuni spunti che restano un po' sulla carta, come ad esempio la presenza dei personaggi russi. Dal punto di vista delle immagini, invece, Martone conferma la sua maestria grazie a una fotografia di Michele D'Attanasio vivida e corposa, che evita quasi sempre gli svolazzi estetizzanti e contribuisce alla suggestione di diverse sequenze, dove anche le abbondanti nudità non risultano gratuite. Buona la direzione degli attori, quasi tutti volti nuovi o poco conosciuti, che non raggiungono le vette di bravura di Carlo Cecchi, Anna Bonaiuto o Elio Germano ma se la cavano dignitosamente, soprattutto la protagonista Marianna Fontana e Antonio Folletto nella parte del dottore, entrambi belli e molto fotogenici. E, da parte mia, un plauso netto alle musiche elettroniche di Sascha Ring e Philipp Timm, che ripetono l'exploit di "Il giovane favoloso". Qualche lungaggine su una durata impegnativa di due ore, ma film che merita ugualmente la visione.
voto 7/10
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