Regia di Govinda Van Maele vedi scheda film
Dopo una rapina, Jens finisce in una comunità rurale dove riesce a farsi assumere per lavorare nei campi e a trovare un sicuro rifugio. Ciliegina sulla torta, la figlia del sindaco si invaghisce di lui, trascinandolo in una relazione in cui il sesso abbonda. Tuttavia, poco alla volta Jens si rende conto che dietro questo tranquillo dipinto bucolico si nasconde ben altro.
La comunità rurale come archetipo che cela in sé inquietudini e misfatti è un tema già trattato al cinema e altrove; ma il regista Govinda Van Maele gioca bene le sue carte e, solo per gradi, ci fa capire che il protagonista è finito in una vera tela di ragno da cui non può più sottrarsi. Dietro i sorrisi, le battute e la cortesia di fondo, la comunità cerca di trarre a sé Jens e di imprigionarlo, anche se in maniera indiretta. Sia attraverso il sesso offerto dalla figlia del sindaco (ma non sarà l’unica donna ad offrirglisi) sia attraverso gesti apparentemente amichevoli, come quello di regalargli una tromba perché impari a suonare nella banda del paese. La violenza dei campagnoli, la loro ambiguità di fondo serpeggia tuttavia sotto la superficie: perversioni sensuali e perfino crimini di sangue si rilevano e intravedono ovunque. Tutto bene finché Jens dimostrerà di far parte del gruppo e tollerare ciò che accade: molto male se deciderà di svincolarsi. Il pregio del film è quello di non procedere per strappi e scene cruente; ma di mostrare come l’angoscia e l’orrore non hanno bisogno di grida, ci sono comunque. Un bel risultato.
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