Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
Inizia mostrando la finzione scenica: una sgangherata banda di attori toscani indossa costumi malandati e mette in scena il viaggio dei Magi. Ma, proprio in quanto "sgangherata", questa rappresentazione appare scevra da qualsiasi elemento mistico, che fa risultare la storia reinterpretata da un lato come viaggio di esseri umani carichi di tutto il loro vissuto, dall'altro come assurda pantomima in cui la superstizione guida i tre "sapienti" verso un arrivo quasi randomico. Lungo il cammino qualcuno li lascia, qualcun altro si unisce a loro ed altri ancora vengono solo incontrati brevemente, ed è l'occasione per tutti di confrontarsi, nel bene e nel male, tanto con le sacre scritture quanto con il bilancio della propria vita, mettendo in luce quali siano effettivamente le priorità di ognuno. E giunti all'arrivo, risulta difficile per chiunque prendere per vero che quel bambino sia il salvatore del mondo, solo sulla base del fatto che si sia trovato sulla strada solcata dalla scia della cometa (fenomeno naturale ricorrente, che solo l'ignoranza del gruppo ha interpretato come unico e straordinario), tanto che avvertendo il pericolo, anche Melchiorre (che poco prima aveva detto "Ma che razza di fedeli siete voi, che di fronte alle difficoltà vi perdete d'animo e vi tirate indietro!?") preferisce scappare tenedosi l'oro, con la scusa straordinariamente profetica di costruire templi meravigliosi per il dio morto. Sono tre ore che scendono giù come un bicchiere d'acqua, dove Olmi parla dell'umanità nelle sue varie declinazioni (l'anziano legato ai risultati materiali di una vita di lavoro, il bambino che non vuole far uccidere l'agnello, le giovani donne curiose verso un mondo esterno a loro precluso), proponendo una critica feroce e per certi versi squisitamente blasfema ad alcune frange del pensiero religioso ed agli ecclesiastici, senza mai perdere quel genuino senso d'amore profondo che avvolge praticamente tutte le sue opere.
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