Regia di Brian O'Malley vedi scheda film
Sdolcinato, lento, sospeso tra dramma e sentimentalismo più elementare. Dall'Irlanda uno dei più brutti horror degli ultimi tempi. Ben fatto, quanto insopportabile...
Irlanda, 1920. I fratelli Rachel (Charlotte Vega) ed Edward (Bill Milner) hanno varcato la maggiore età. Vivono soli, in una enorme dimora ereditata dai genitori morti entrambi in maniera suicida, affogati nelle acque di un lago. Mentre un cinico individuo tenta di entrare in possesso della vasta proprietà in via di abbandono, Charlotte non resta insensibile alle attenzioni di Sean (Eugene Simon), giovane ma già reduce di guerra, ora lontano dai campi di battaglia perché invalido. Una maledizione (con risvolto incestuoso) che si tramanda di generazione in generazione grava sul destino dei due fratelli, sempre più condotti sul limite della follia da visioni inquietanti, frutto di manifestazioni da una dimensione "altra", sottostante, bagnata e notturna.
Qualcuno fermi subito, immediatamente, Brian O'Malley, cineasta irlandese che dopo due corti e lo stravagante Let us prey (2014) pensa di mettere insieme un mattone inqualificabile, erroneamente (o meglio per convenienza commerciale) inserito nel genere horror mentre affronta invece confusi preamboli drammatici, poi sfocianti in un melenso racconto sentimentale.
Lento come nemmeno una messa cantata in celebrazione dell'Anno Santo Compostelano; privo di contenuto, con un finale sfociante nel ridicolo involontario (la parte subacquea); spocchioso e indecifrabile nella forma similmente all'altrettanto insopportabile The village (evidente l'influenza subita dal regista che qui adotta una stile soporifero alla Shyamalan). Questo The lodgers siamo certi avrà generato sbadigli a ripetizione nello sconsolato pubblico, costretto suo malgrado (una volta entrato nella sala) a subire una sfiancante e indigeribile pietanza cinematografica, fortemente avvelenata. Il fatto che gli attori siano bravi e che le scenografie vengano magnificate da una professionale fotografia non risolleva dalla mediocrità (frutto anche della scadente sceneggiatura opera di David Turpin) un prodotto davvero impresentabile, soprattutto al pubblico maschile, qui posto di fronte ad un racconto ch'è sdolcinato melodramma, quindi più idoneo a finire su un rotocalco come fotoromanzo "rosa" che proiettato in sala, con destinazione in ambito di genere horror...
La durata della versione circolata nelle sale è pari 1h33m18s. Minuti sofferti uno per uno, in attesa dei liberatori titoli di coda!
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