Regia di Kazuya Shiraishi vedi scheda film
Birds without names altro non è che un film sull'amore, un amore infinito, incondizionato e totalizzante che il regista riesce a nascondere dietro la corazza di un dramma garbato e ironico che slitta verso il thriller, rivelando la propria reale anima di mèlo disperato negli ultimi venti minuti di straziante bellezza.
Towako vive con Jinji ma lo chiama coinquilino, perché lo trova rozzo e disgustoso, con la sua abitudine di mangiare con le mani e di sfilarsi i calzini a tavola, e per di più non sopporta le sue attenzioni e gentilezze, che considera invadenza. Ci vive perché porta i soldi a casa e, nonostante l'esiguo stipendio da tipografo, le permette di passare le giornate a non far nulla, lasciandole l'energia ed il tempo per telefonare quotidianamente, avanzando pretese assurde, a negozianti dai quali ha acquistato oggetti che ritiene difettosi. In fondo, lei è ancora innamorata di Kurosaki, nonostante non abbia più sue notizie da quando hanno rotto, otto anni prima, e nonostante l'ultima volta che l'ha visto l'abbia riempita di botte.
Quando Mizushima, impiegato in una gioielleria, le viene spedito a domicilio per sostituire un orologio e dare un freno alle sue telefonate di protesta, Towako si scioglie come neve al sole davanti a quei modi che le ricordano l'adorato ex; lui ricambia e la scintilla scocca, con tanto di promessa di abbandonare moglie e figli e scappare via con lei.
Nel frattempo, qualche notizia su Kurosaki arriva: gliela dà un investigatore quando, venuto a farle qualche domanda al riguardo, la informa che da cinque anni si è dissolto nel nulla. Una frase ambigua di Jinji sul conto di questi, unita al fatto che abbia iniziato - con tutta la sua goffaggine - a pedinare Towako durante le uscite con Mizushima, fanno sorgere in lei il sospetto che possa aver avuto un ruolo in quella sparizione, e che anche il suo nuovo amante possa essere in pericolo.
Quella di Birds without name (adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo di Mahokaru Numata, best-seller in patria) è una storia bella e forte raccontata con il piglio affabulatorio di un illusionista.
Arzigogolato ma a suo modo lineare nel far quadrare perfettamente ogni dettaglio, il film di Kazuya Shiraishi disegna personaggi complessi e sorprendenti nonostante la loro apparente semplicità, guidandoli per mano lungo un percorso dalla traiettoria imprevedibile: perché nessuno è del tutto ciò che sembra, ed ogni giudizio espresso di primo impulso è probabilmente sbagliato, in un film che presenta degli essere umanissimi, sì, ma grevi e antipatici, per poi renderli via via, ognuno con le proprie peculiarità, adorabili, e che sa cambiare registro per puntare sempre più in alto, riuscendo, ad ogni passaggio, ad agganciare in maniera più decisa l'attenzione e ad elevare l'asticella del coinvolgimento emotivo.
In soldoni, Birds without names (titolo suggestivo il cui senso si comprenderà in uno degli ultimi fotogrammi), altro non è che un film sull'amore, un amore infinito, incondizionato e totalizzante che il regista riesce a nascondere dietro la corazza di un dramma garbato e ironico che slitta verso il thriller, rivelando la propria reale anima di melò disperato negli ultimi venti minuti di straziante bellezza.
Allievo di Koji Wakamatsu, del quale è stato assistente di regia e per il quale ha in cantiere un film omaggio nel prossimo futuro, relativamente giovane ma con già una manciata di film alle spalle, Kazuya Shiraishi è un regista che merita attenzione.
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