Regia di Robert Schwentke vedi scheda film
Sul finire di ogni guerra, specie se perduta, la distruzione delle connessioni sociali porta a episodi di pura brutalità, dove l'uomo diventa ancora più bestia di quando obbediva a degli ordini o aveva un nemico. Così è stato per Willi Herold, disertore negli ultimi giorni di vita della Germania nazista, aprile 1945, che nel fuggire ai suoi commilitoni che giustiziavano chiunque fosse sorpreso a disertare, ha un colpo di fortuna: trova una divisa di capitano della Wehrmacht, la indossa, e da timido soldatino spaventato diventa uno spietato assassino, insieme a una piccola gang di altri soldati disertori. La "banda" Herold si renderà protagonista di veri e propri eccidi, come in un campo di prigionia per disertori, e di esecuzioni sommarie. Una storia tragica, vera, che, del tutto inaspettatamente, il mediocre regista Schwentke, uno da filmetti di pseudo fantascienza o da botteghino, ci racconta con un bianco e nero strepitoso e con un'asciuttezza che non è da lui, quasi che ci fosse Haneke dietro la cinepresa. "The Captain" è sicuramente il suo capolavoro e, nonostante qualche lungaggine, è un gran bel film. L'uso del bianco e nero è perfetto per descrivere il crepuscolo del Reich e dei suoi protagonisti, fossero anche solo soldatini di poco peso o ufficiali dimenticati negli ingranaggi della burocrazia, e la figura di Herold è il simbolo di questa decadenza, dell'erosione del potere, della vigliaccheria e di una nazione schiava fino all'ultimo dell'ordine e della pulizia. Un apologo che ci racconta di come l'uomo qualunque possa diventare, con facilità e nemmeno troppo carisma, un manipolatore, fino alle estreme conseguenze. Film duro, durissimo, nettamente distante da ciò che ci aveva abituato il regista tedesco. Willi Herold verrà poi catturato dagli inglesi e giustiziato insieme ai suoi sei compagni, nel 1946. Perché la Storia non si ripeta, mai più.
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