Regia di Daniele Vicari vedi scheda film
giuseppe fava, detto pippo, si ammalò di cancro nella primavera del 1980 e ne morì nei primi giorni del 1984.
tra queste due date accettò la direzione di un nuovo quotidiano, approfittandone di tornare a catania per stare vicino alla famiglia.
purtroppo la concezione del giornalismo che ne aveva pippo:
«Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell'ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo.» |
(Pippo Fava. Lo spirito di un giornale, 11 ottobre 1981) |
non era esattamente la stessa di molti degli uomini istituzionali della città di catania e tentarono "diplomaticamente" di comunicarglielo in ogni modo possibile, passando dai miti consigli mediante l'ingresso di una nuova cordata di editori(tipi ambiziosi, astuti, pragmatici, come li definì claudio fava in un suo articolo la mafia comanda a catania) fino alla bomba carta fatta esplodere proprio davanti la porta della redazione.
in una città dove per incanto la mafia non osava varcarne la soglia, vi erano solamente imprenditori che facevano affari e che potevano cadere vittime di imboscate terroristiche a suon di kalashnikov, avendo avuto la precauzione di salire su una macchina blindata.
gli articoli dei giovani carusi che pippo aveva voluto per il suo giornale, non essendo riuscito a convincere nessuno dei suoi amici storici, seguitavano a scavare nei meandri della società catanese e a portare a galla amicizie e connivenze degli incensurati uomini d'affari con il boss santapaola, con fotografie e nomi e cognomi.
il direttore fu licenziato e il giornale chiuso; a nulla valsero i giorni di occupazione da parte dei carusi.
«Qualche volta mi devi spiegare chi ce lo fa fare, perdìo. Tanto, lo sai come finisce una volta o l'altra: mezzo milione a un ragazzotto qualunque e quello ti aspetta sotto casa...» |
(Pippo Fava) |
la malattia anche se aveva cominciato a lavorare di buona lena, non fece altro che mettere ancora più benzina sulla voglia di giuseppe di continuare sulla strada intrapresa, fondando una cooperativa per finanziare un nuovo progetto che si chiamava I SICILIANI.
il nuovo progetto scavò ancora più a fondo nelle attività dei cavalieri del lavoro tanto rinomati della città e soprattutto dei rapporti che li legavano al boss santapaola.
«Mi rendo conto che c'è un'enorme confusione sul problema della mafia. I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. Non si può definire mafioso il piccolo delinquente che arriva e ti impone la taglia sulla tua piccola attività commerciale, questa è roba da piccola criminalità, che credo abiti in tutte le città italiane, in tutte le città europee. Il fenomeno della mafia è molto più tragico ed importante…» |
("I mafiosi stanno in Parlamento") |
queste le parole di un'intervista rilasciata in un programma di enzo biagi.
anche se stava bene , oramai la malattia era stata dichiarata terminale e una sera di inizio 1984 fu ammazzato nella sua auto da un agguato.
la si voglia chiamare ghost story, per l'innominabile violenza con la quale la mafia si accanisce su un innocente di 13 anni, la si chiami malattia terminale per come rappresenta un tumore che divora la società , lo stato e le persone nel loro intimo, ogni attività criminale si intacca col coraggio di persone che sono perfettamente coscie che pagheranno con la propria vita.
grazie alle inchieste di pippo fava e dei carusi che hanno lavorato con lui, le istituzioni non poterono più far finta di nulla e iniziarono a combattere legalmente la mafia.
il film di vicari è importante perchè permette di far scoprire anche a me che ho 48 anni, chi fosse pippo fava. drammaturgicamente scansa sapientemente scene madri da fiction televisiva bolsa e offre a fabrizio gifuni, una volta di più se ce ne fosse bisogno, di dimostrare che
grande attore sia e di che pregio è la sua arte recitativa.
lo stato non può permettere che persone oneste vengano funestate da attacchi frontali così spudorati e spregevoli, ma siccome non viviamo in una favola, dobbiamo accettare che la malattia si diffonda e sia difficile da curare
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