Regia di Alberto De Martino vedi scheda film
Se la storia è pesantemente ridicola e costellata di banalità e falle logiche; se la recitazione è improbabile a tratti e mediocre per il resto della pellicola; se la trama si basa essenzialmente su una manciata di scene di azione fra l'una e l'altra riempite di dialoghi e situazioni stereotipati; ecco quindi che l'unico vero colpo di scena di questo Upperseven, l'uomo da uccidere risiede nell'impostazione fantapolitica tristemente schiava di un filoamericanismo e di un anticomunismo esplicitati in maniera quasi imbarazzante. Non che gli argomenti siano di per sè sempre e comunque sbagliati (anzi, l'unità africana nel segno dell'emancipazione dalle potenze economiche mondiali è purtroppo, mezzo secolo dopo il film, ancora un sogno), ma risulta evidente che, nel 1967, un prodotto così smaccatamente buonista e democristiano fino al midollo non volesse altro che accattivarsi la quota maggiore possibile di pubblico. Al di là di queste considerazioni, dal lato estetico il film lascia a desiderare pressochè in ogni campo; come detto, la sceneggiatura firmata dallo stesso regista fa acqua da tutte le parti, così come è difficile riuscire a dire qualcosa di buono di un cast artistico nel quale spiccano (eufemismo) nomi come quelli di Paul Hubschmid, Rosalba Neri, Nando Gazzolo e Karin Dor. Sul versante tecnico va quantomeno rilevata l'appropriatezza del flaccido tema musicale di Bruno Nicolai. 2/10.
Il perfido Kobras vuole soggiogare il pianeta e mette i bastoni fra le ruote degli americani, che stanno lavorando per un'Africa unita e quindi libera. A ripristinare la situazione accorre l'agente Upperseven, capace di mille trasformismi.
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