Regia di Adam MacDonald vedi scheda film
Secondo (riuscito) lavoro del canadese Adam MacDonald, cineasta che qui affronta con certa presa di posizione la discutibile tendenza giovanile, spesso intrapresa per noia, verso l'occulto. Apprezzabile il duplice piano di lettura, con cui il film si chiude.
Leah (Nicole Muñoz) è un'adolescente turbata dalla contrastata condizione esistenziale: vive con una madre depressa (Laurie Holden) perché rimasta vedova in giovane età. Proprio per cercare di lasciarsi alle spalle il ricordo doloroso della malattia che ha condotto alla morte il marito, la donna decide di trasferirsi e abbandonare la casa di famiglia. Per Leah, appassionata di musica heavy metal e testi dell'occulto, abbandonare le amicizie e rifarsi una nuova vita è motivo di ragionevole turbamento. Ma non giustificabile sino al punto di attuare un rituale di magia nera, ai danni della madre.
"Attento a ciò che desideri, qualcuno potrebbe ascoltarti."
Nel 2014 il regista canadese Adam MacDonald, alla sua prima regia, realizza un interessante survival movie (giunto in home video anche da noi) dal titolo Backcountry: la storia -pare ispirata da fatti realmente accaduti- di una giovane coppia che, con romantiche intenzioni, si isola nei pressi di un lago finendo per attirare le attenzioni di un orso. Niente di più semplice, come soggetto, ma reso sullo schermo da MacDonald in maniera esemplare, grazie ad una regia dinamica e ad un sorprendente senso della tensione.
Tre anni dopo (2017) il regista (anche sceneggiatore) licenzia la seconda regia, Pyewacket: è la storia di una adolescente inquieta, attratta dalla magia nera e spinta -per un momento di irragionevole ira- a tentare l'evocazione di una malevola entità dei boschi, il tutto ai danni della madre. Ancora un soggetto scontato, ancora un risultato eccellente per come MacDonald converte il testo in immagini. Anzitutto inserisce una evidente riflessione (apparentemente polemica e condivisibile) contro la cultura dilagante tra i teenagers circa l'avvicinamento (spesso per noia o semplice ignoranza) alla musica demoniaca e tutto quanto ruota attorno al "satanismo popolare". Quindi, nello sviluppare la sceneggiatura, sceglie di mantenere una posizione indovinatamente ambigua. Ambigua al pari dello stupendo dramma Hagazussa, film con il quale condivide alcune idee di fondo: entità superiori che vivono in simbiosi con elementi della Natura, posizione incerta sul registro irrazionale con epifanie volutamente lasciate all'immaginazione dello spettatore e -soprattutto- la violenza (concettualmente davvero spaventosa) verso gli affetti più cari qui, specularmente al film di Feigelfeld, orientati dalla figlia verso la madre.
La graduale, progressiva discesa verso il delirio, esperita suo malgrado da una pentita ragazzina ormai confusa da uno sguardo fallace perché "frutto della visione di occhi bugiardi", è orchestrata ottimamente da una regia ch'è molto attenta a mantenersi sul limite, e che conduce lentamente -ma con pertinenza di angosciosa messa in scena- al quarto d'ora finale: minutaggio in grado di far accapponare la pelle, per quanto in linea con le -queste sì- sconvolgenti notizie di cronaca nera che quotidianamente raggiungono un'opinione pubblica ormai assuefatta alla violenza più irrazionale.
"Dobbiamo pensare che sia come un fiume. Il Male sta semplicemente aspettando di passare dall'altra parte, usando te come se fossi un ponte, per farli arrivare dalla tua parte. È iniziato con te, e finirà con te. Una volta portato a termine il compito assegnatogli, inizieranno a fare del male a chi li ha evocati. Con la magia nera... tutto torna indietro." (Conversazione in videochiamata tra Leah e l'autore del testo Black river, black magic: libro contenente il rituale messo in atto)
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