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Pyewacket

Regia di Adam MacDonald vedi scheda film

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La recensione su Pyewacket

di scapigliato
9 stelle

Spesso e volentieri, se il film d’esordio è un capolavoro è difficile mantenere tale caratura anche con il secondo film. L’eccezione si chiama Adam MacDonald, regista canadese, classe ’77, colpevole del miglior animal attack movie degli ultimi dieci o vent’anni, Backcountry (2014) – eco-vengeance è un termine che rifiuto. Immediatamente dopo la visione, in lingua originale, quando ancora il film non era conosciuto como lo è oggi, gridai al capolavoro. Ci sono voluti diversi anni prima che MacDonald, molto attivo anche come attore, tornasse dietro la macchina da presa, ma il risultato è assolutamente più che buono.

Pyewacked è certamente un horror, ma non è il solito horror a tema stregonesco, un witch horror patetico che punta tutto sulle solite forme narrative, uno slasher classico con body count prevedibili, un haunted house horror che segue pedissequamente i canoni del filone più in voga del nuovo secolo, e non è nemmeno un demonic possession movie senza capo ne coda. Pyewacked, complice il bosco selvaggio dietro casa con le sue connotazioni fiabesche che il regista ha saputo restituirci,  è una fiaba nera che utilizza le basi teoriche dei sottogeneri maggiormente utilizzati nel cinema horror contemporaneo, elencati in corsivo poco sopra, per creare innanzitutto un’atmosfera completamente diversa dai prodotti più commerciali e in secondo luogo per innovare il genere dall’interno, proprio come aveva fatto con Backcountry.

La banalità delle svolte narrative, dei twist, dei jumpscare o dei topoi, non risiede nel cinema di MacDonald. In Pyewacked lo spavento è prolungato, non immediato e repentino. Quasi si potrebbe dire che il regista contempla lo spavento dilatandone i tempi di lettura e lasciando fuori dallo schermo l’esibizione gore e splatter.  L’autore si prende tempi insoliti per il genere e riesce, con un ottimo uso della messa in scena e del profilmico e un utilizzo limitatissimo del 3D, a dotare l’intero racconto di un’inquietudine rara oggigiorno. Il film è pregno di tensione vera. È gravido di ancestralità palpitante. È denso di terrore puro, ma un terrore silenzioso e strisciante che si insinua nelle maglie del racconto e nell’iconografia di riferimento con morbosa voluttà. Inoltre non manca di rappresentare attraverso l’horror questioni reali e attuali come il travaglio di un’adolescenza segnata da un grave lutto, l’amore-odio per la madre, il fascino per l’occulto e la turba psichiatrica. La violenza giovanile, messa in scena da film realistici con intenzione sociologica o politica, trova invece in Pyewacket una rappresentazione fiabesca che forse riesce più dell’indagine medica.

Forse manca il tema sessuale che ben si sarebbe adattato alla tematica d fondo, e forse qualche truculenza in più non avrebbe guastato – l’orso che sbrana il protagonista di Backcountry credo sia tra le più efficaci e terribili mai viste – ma la strada presa da MacDonald con Pyewacked è diversa, ha puntato più sull’atmosfera e la percezione, anche sensibile, del terrore e della perturbazione – per altro ugualmente riuscita in Backcountry – senza però esibire l’orrore carnale – e qui si spiegherebbe anche l’assenza del tema sessuale e della carnalità – preferendo quindi una storia di demoni interiori più che esteriori, anche se le apparizioni del demone evocato, benché siano poche, risultano più efficaci e inquietanti delle tante apparizioni digitali degli horror mainstream che da ormai quasi vent’anni annacquano il genere horror.

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