Regia di Ciro Formisano vedi scheda film
Come ti ammazzo la classe media. Ci volevano i professoroni del gruppo Bilderberg - Mario Monti ed Elsa Fornero - per mandare al tappeto chi, dopo aver lavorato per una vita intera, si è visto costretto a lasciare il posto anzitempo senza neppure ricevere la pensione, con qualche lacrimuccia telegenica ma soprattutto ipocrita. Si chiamano esodati, e nel 2017 - a 6 anni di distanza dalla riforma Fornero (come ci avverte la didascalia sui titoli di coda) - sono ancora in 5000 e non godono di senza alcun reddito. L'esodo è la storia di una di loro (Poggi): una sessantenne sola, con nipote adolescente a carico, che improvvisamente si vede costretta a chiede le elemosina nella centralissima pizza della Repubblica a Roma. Tra amicizie con altri diseredati, l'incontro con una giornalista che vuole portare il suo caso sulla ribalta mediatica, gli scontri con una zingara per l'occupazione di quel fazzoletto di marciapiede e un'assurda occasione di lavoro, le sue giornate scorrono nella più totale desolazione ma con qualche sprazzo di solidarietà umana.
Dispiace dirlo, data l'importanza e l'urgenza del tema, ma il film dell'esordiente Ciro Formisano, un esempio di cinema impegnato e militante, è di un pressapochismo tale da vanificare completamente i contenuti proposti. Dal sonoro in presa diretta (di Eleonora Torchio) alla recitazione degli attori, passando per gli assurdi tagli di montaggio, ne L'esodo - tratto dal romanzo eponimo dello stesso regista - manca la più elementare sintassi filmica, carenza a cui si sommano il registro didascalico dell'opera e l'eccesso di retorica. Chissà cosa sarebbe potuto diventare un film del genere nelle mani di un novello Petri o in quelle di Garrone. Qui non si va oltre un prodotto davvero imbarazzante, che rischia di trasformarsi in un autentico boomerang all'arrivo della scena più assurda: quella in cui, in sottofinale, la ministra si materializza davanti agli occhi dell'indigente protagonista.
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