Regia di Alice Rohrwacher vedi scheda film
Ha ragione Martin Scorsese quando dice che la Rohrwacher ha del talento. Il suo è un Cinema importante, di qualità, che non si ferma certo alla mediocrità generale dei nostri tempi. Dopo l'esordio fulminante e bellissimo di "Corpo Celeste", 2011, ha però mancato ripetutamente di ripetersi e, secondo me, è andata in calando. "Lazzaro Felice" è il punto più basso della sua produzione, restando comunque, sotto il profilo cinematografico, un prodotto di qualità. Paradossalmente quello che manca è ciò che le ha dato un premio a Cannes, ovvero la sceneggiatura. Questo Lazzaro, recitato con giusto sguardo celestiale da un bravo Adriano Tardiolo, è un santo, un po' S.Francesco un po' tanti altri, che si trova a vivere due esperienze umane differenti, una agreste e una cittadina, ambedue dominate dalla sopraffazione e dallo sfruttamento. Ecco, lui ci passa in mezzo, è buono e santo (ovvio), e così facendo il film si fa parabola molto superficiale dei nostri tempi, con tempi assurdamente dilatati, dove le oltre due ore pesano come macigni, anzi cilici. Attorno a lui vorticano una serie di personaggi più o meno riusciti, da antiche epopee contadine, che vediamo poi trapiantati nella grande città, ma paiono solo macchiette funzionali alla critica sociale del film che, ripeto, fa acqua da tutte le parti. Senza contare che nella quantità degli attori scelti, alcuni recitano male e affondano ulteriormente la pellicola. Peccato, perché, per esempio, ho amato molto la capacità di usare e rappresentare gli ambienti rurali e quelli di città, ma dentro ho trovato veramente poca profondità. Una grossa delusione.
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