Regia di Alice Rohrwacher vedi scheda film
Alice Rohrwacher torna con questo "Lazzaro felice" ad una parabola sui guasti della civiltà contemporanea e ad un'ambientazione contadina che sicuramente le sta molto a cuore. La regista si pone in una prospettiva decisamente autoriale, che viene apprezzata anche all'estero con premi ricevuti a Cannes per la seconda volta e una critica straniera nel complesso molto favorevole. Tutto ciò fa piacere, ovviamente, ma non deve distrarre da un'analisi attenta e imparziale dei meriti e dei limiti del film. Trovo curioso che la giuria di Cannes abbia scelto proprio il premio alla sceneggiatura per questo film: la sceneggiatura di "Dogman" di Garrone, ad esempio, è decisamente più concisa ed essenziale, direi anche più efficace e meno dispersiva nel complesso. La Rohrwacher è più una regista di immagini, dove riesce a sprigionare un talento ormai maturo girando su pellicola 16 mm, ormai rarissima, per catturare la luminosità della campagna laziale, riprendendo inquadrature affollate di donne e di bambini con una sicurezza nella composizione del quadro e nel montaggio che non lasciano dubbi sulla sua preparazione tecnica e sui valori stilistici anche di questa pellicola. La sceneggiatura invece sembra procedere in maniera assai libera sposando certe istanze inevitabilmente pasoliniane con il realismo magico sudamericano e la religiosità laica dei grandi scrittori russi, ma se nella prima parte i conti tornano, poi ci si ritrova dopo la chiusura dell'Inviolata con personaggi ormai cresciuti che non si riescono ad individuare facilmente, un miserabilismo che finisce per stancare e per ritorcersi contro gli obiettivi che l'autrice voleva sviluppare, la scena di Lazzaro in banca che non voglio spoilerare, ma che chiude su una nota di evidente confusione da parte dell'autrice. Buone molte intuizioni figurative, buona la direzione degli attori con il giovane Tardiolo che regge con convinzione la santità laica del suo Lazzaro, un'Alba Rohrwacher meno coinvolta del solito, una Nicoletta Braschi in forma evidente ma ridotta a poco più di un cameo, molti attori non professionisti che hanno la faccia giusta e una dizione credibile. Film riuscito a metà, ma pur sempre opera di un certo fascino audiovisivo che propone una critica sociale allo sfruttamento della classe contadina e un elogio della bontà d'animo che però rischia sempre di venire fraintesa e di scivolare nell'inerzia e in una pericolosa passività di fronte alle trasformazioni sociali operate dai più furbi e volenterosi.
voto 7/10
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