Regia di Alice Rohrwacher vedi scheda film
Un'occasione mancata, una sceneggiatura "bislacca"
Lazzaro felice (2018): locandina
Di solito si parla di occasione mancata quando un film non convince, con questo dicendo che sì, un qualche talento traspare, l’invenzione narrativa non è del tutto assene, molto in fondo qualche bagliore di geniaccio c’è, ma … ma … insomma non convince.
Cerchiamo allora di capire cos’è che non va, perché a Cannes è andata così bene (premio alla sceneggiatura), cosa alimenta il coro critico quasi (per fortuna esiste il “quasi”) tutto schierato a favore.
Un nome di famiglia tanto celebre quanto esoticamente impronunciabile che a Cannes non va senza tornare regolarmente con qualche premio suscita attenzione in più, non basta neppure che sia stata la stessa regista, col vezzo del vis grata puellae, a dire che la sceneggiatura è bislacca.
No, il premio lo danno proprio a quella sceneggiatura, lasciando al gramo spettatore più di due ore di domande inevase su chi, come, perché e quando.
Cosa fare in questi casi per puntellare la baracca che crolla?
Si ricorre a citazioni, a precedenti celebri, a somiglianze fatali.
Piccolo elenco: San Francesco d’Assisi, Olmi, Pasolini, Citti, Voltaire e Dostojevskij.
Notevole, e allora aggiungiamo Kurosawa, ma per opposizione.
Ma, per non confondere anche noi i nostri venticinque lettori, facciamo precedere un po’ di sinossi (se è possibile, vista la confusione, e tentando di non anticipare o svelare finali e svolte narrative, basta il film).
Sinossi
Atto primo: un podere agricolo in qualche imprecisato posto dell’Italia centrale, l’Inviolata.
Tale marchesa De Luna (Simonetta Braschi, il personaggio più improbabile fra i tanti improbabili), produce sigarette (e già basterebbe) e finanzia l’azienda con il lavoro schiavile di una famiglia allargata di mezzadri che non hanno la più pallida idea di essere entrati da qualche secolo nella modernità.
Quando, per una serie di circostanze, questo gap sarà colmato entreremo nell’atto secondo, trent’anni dopo.
Se a qualcuno interessa cosa avverrà fino al finale resti seduto in poltrona, sappia però che la seconda parte è peggiore della prima, a detta anche della critica osannante che, pure, non può ignorare l’evidenza.
E Lazzaro felice?
Appunto lui, un Adriano Tardioli (nomen omen?) che è qualcosa tra un Santo, un minus habens, lo scemo del paese (ma non c’è un paese), il poverello di Dio, un Lazzaro risorto che fa sentire tutti tanto cattivi perché il solo, vero buono è lui, che non capisce niente.
Lazzaro è felice, e non c’è altro da dire.
Ma torniamo per un attimo a Kurosawa lasciando da parte altre citazioni celebri (e fuori luogo).
L’idiota, un film del 1951.
Direte: altri tempi. Certo, decisamente più seri.
L'idiota (1951): locandina
A Kurosawa non servirono funambolismi narrativi, nessuno usò per il suo capolavoro la formula oggi tanto cara di “realismo magico”, il regista provvide con didascalia iniziale a spiegarci le ragioni dell’opera e poi andò avanti con la chiarezza e la scorrevolezza che mai mancarono all’Imperatore del cinema.
“Dostoevskij voleva ritrarre un uomo intrinsecamente buono. Paradossalmente scelse come eroe un idiota. Ma un uomo veramente buono può apparire come un idiota agli altri. Questa è la tragica storia della rovina di un uomo puro e semplice.”
Altri tempi, altro cinema.
www.paoladigiuseppe.it
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O mamma mia, 'un si capisce più nulla:-). Alice che non torna mai a mani vuote ( e già questo potrebbe farci riflettere ), la sceneggiatura dagli uni premiata e dagli altri definita bislacca ( ed io mi fido maggiormente di questi ultimi ), il Lazzaro Tardioli che ( oltre al nome tutto un programma) mi ricorda il Marcello di Dogman ( probabilmente il mix da te citato tra santi e minus habens va di moda ultimamente:-), tutto concorre a creare confusione ma, non nego, anche curiosità! Ovviamente lo vedrò aspettandomi fin da ora di uscire meno "felice" di Lazzaro, pazienza, non ero uscito felice nemmeno con Marcello, però gli avevo voluto bene!!!
Ciao Paola,
Paolo.
Caro pippus/Paolo è tempo di dementi, a quanto pare, e beati loro, anzi addirittura felici (però Marcello ha Ben finito Di esserlo come vediamo in finale). Dico beati loro perchè a noi Che dementi forse non siamo ( o forse lo siamo e non ce ne rendiamo conto) restano davvero pochi margini Di felicità, e se finiamo per soffrire anche al cinema.... ciao banana, ci hanno tolto proprio tutto :))) buon 3 giugno, allora!
Voglio riportare qui un commento al film letto ieri sul Foglio. Che piaccia o no quel quotidiano è ininfluente, Maria Rosa Mancuso dice cose che mi sembrano molto calzanti:
https://www.ilfoglio.it/cinema/2018/06/01/news/le-lodi-per-lazzaro-felice-non-scandalizzano-nessuno-e-invece-dovrebbero-198299/
Grazie Paola, non conoscevo questa M.R.Mancuso, credo sia difficile non condividere quanto afferma nel suo articolo.
sono d'accordo con te e con la Mancuso, sempre ostinatamente sferzante
Mi fa piacere amandagriss,ciao!
Olmi sapeva costruire film con un simbolismo coerente, qui il gap tra prima e seconda parte è veramente grande e va a discapito di tutta la credibilità del film
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