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Lazzaro felice

Regia di Alice Rohrwacher vedi scheda film

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La recensione su Lazzaro felice

di port cros
6 stelle

Adottando un approccio fiabesco a realtà dure e concrete come lo sfruttamento, la povertà e l'alienazione urbana, Alice Rohrwacher racconta una favola antica e moderna con sguardo gentile e delicato, come quello del suo ingenuo e stralunato protagonista. Un approccio che funziona bene a tratti, a tratti lascia perplessi e spaesati.

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Alice Rohrwacher torna ad immergersi nelle ambientazioni agresti e bucoliche che le sono evidentemente congeniali e che già avevano fatto da sfondo ai suoi precedenti film. Infatti la prima parte della vicenda si svolge in un Lazio rurale, un isolato villaggio contadino significativamente chiamato Inviolata, i cui abitanti sono una famiglia allargata di mezzadri coltivatori di tabacco sfruttati da una marchesa proprietaria terriera. Temporalmente, di primo impatto sembra ambientato negli anni 50, ma l'apparizione di un walkman dalle cui cuffie esce musica dance fa riconsiderare la collocazione temporale verso i primi 90. Tuttavia rimane l'idea di una comunità che vive fuori dal tempo e dal contatto col mondo esterno, regolata dai ritmi e dalle tradizioni della civiltà contadina. Il personaggio più peculiare di questa collettività è Lazzaro, adolescente semplice, ingenuo e buono, che viene considerato un po' scemo e per questo sfruttato perché non sa dire di no a nessuna richiesta, nemmeno a quelle assurde di Tancredi, il figlio ribelle della marchesa, con cui arriva a stringere una improbabile amicizia.

Dopo un "salto" fisico e temporale che ci fa balare sulle poltrone, la seconda parte del film è invece ambientata ai giorni nostri in una città, che però non è Roma, sembra più una città del Nord, probabilmente Torino, ove la comunità contadina, una volta "liberata" dallo sfruttamento della mezzadria, è stata trasferita e si trova ad affrontare condizioni di indigenza peggiori delle precedenti, accompagnate da uno sradicamento dalle radici della terra natia: un impatto disastroso con la modernità. 

Al Nord o al Sud, in campagna od in città, oggi o ieri, a non cambiare mai è il redivivo Lazzaro, che affronta la vita con la stessa incantevole semplicità e con lo sguardo puro ed un po' stralunato di un bambino. Mentre lui non è invecchiato di un giorno, per gli altri personaggi il tempo sembra essere trascorso a velocità differenti. E' una delle (apparenti? volute? ), incongruenze del film, che, adottando un approccio fiabesco a realtà dure e concrete come lo sfruttamento, la povertà e l'alienazione urbana, certamente non si cura della plausibilità, è un'opera che spiega poco e lascia molto all'immaginazione dello spettatore e decide di lasciare indefiniti una serie di elementi (l'epoca in cui si svolge la prima parte , l'identità della città della seconda, il lasso di tempo trascorso ecc.). Un film "strano" , a tratti un po' infantile, ma probabilmente per scelta precisa e voluta, che a tratti funziona a tratti lascia perplessi e spaesati.

 

Rohrwacher non perde il suo tocco gentile e delicato nel delineare una favola che vuole essere magica e realista allo stesso tempo, entrando in punta di piedi e con grande rispetto nella realtà dei suoi personaggi per metterne in luce l'umanità anche quando si trovano a vivere condizioni degradanti. Uno sguardo puro ed infantile, simile a quello del suo protagonista.

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