Regia di Alice Rohrwacher vedi scheda film
È ben noto il panorama desolante del cinema italiano contemporaneo d'autore (si fa per dire). Si va dai film noiosissimi di Cristina Comencini agli inguardabili pistolotti veterocomunisti della sorella, dai film comici che non fanno ridere (tutti, ormai incluso, ahimé, Checco Zalone dopo il tracollo di Tolo Tolo) agli spasmi cadaverici di Nanni Moretti che ha perduto per sempre la verve brillante degli anni 70-80 (da "Io sono un autarchico" a "Bianca"). Non menziono nemmeno, per carità di patria, le grandi bellezze. Ricordo un bel libro di Bertetto di parecchi anni fa, "Il più brutto del mondo (il cinema italiano oggi)", peraltro scritto quando gli italiani ancora qualcosa di decente lo producevano, che fotografava bene (ed ancora fotografa) il deserto intellettuale delle nostre produzioni, l'incapacità di parlare all'inconscio dello spettatore e dunque l'incapacità di raggiungere quella universalità che caratterizza il grande cinema.
Tutta questa premessa per dire che c'è finalmente una voce nuova, intelligente, brillante: Alice Rohrwacher, che ha diretto questo autentico gioiellino, in cui narra con chiave felice, surreale ed avvincente la transizione dalla civiltà contadina a quella industriale attraverso gli occhi di un minuscolo naif (Lazzaro appunto). Godetevelo!
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