Regia di Coralie Fargeat vedi scheda film
Torino Film Festival 35 – After Hours.
Si sa, le droghe fanno male, ma qualora vogliate provarle andando contro a ogni mite consiglio, vi conviene comunque prendere alcuni accorgimenti basici: tenete a debita distanza ogni oggetto contundente che potrebbe spingervi a intraprendere un intervento chirurgico su voi stessi e, soprattutto, evitate di elaborare una sceneggiatura da spacciare a qualche produttore.
Tra il serio e il faceto, Coralie Fargeat sviluppa un revenge movie che riprende a suo modo quanto appena introdotto, posizionandosi ai limiti dell’impraticabile se preso come semplice action thriller, mentre può regalare qualche inaspettata gemma qualora riesca a prevalere il beffardo sense of humour che scaturisce da un mosaico di assurdità senza fine.
Richard (Kevin Janssens) è un uomo ricco e sposato che decide di trascorrere qualche giorno lontano dalla sua famiglia, in una splendida villa sperduta nel deserto. Il suo programma prevede di spassarsela con la meravigliosa Jen (Matilda Anna Ingrid Lutz) per qualche ora prima che arrivino i suoi soci in affari per la consueta battuta di caccia stagionale.
Quando i suoi amici arrivano prima del previsto e vedono con i loro occhi le grazie di Jen, la situazione prende una piega inattesa, macchiata dal sangue.
Revenge è – e non poteva essere altrimenti - un revenge movie al femminile, sul modello di I spit on your grave, macchiato da una dose di ironia sopra le righe che dovrebbe mitigare l’effetto di un sovradosaggio di esagerazioni che, dal canto loro, impiegano comunque parecchio tempo prima di sommarsi scientemente tra loro e consentire di attribuirgli un senso altro, considerabile come voluto.
L’impalcatura è semplice: tre amici ricchi sfondati, una villa extra lusso lontana da un qualsiasi occhio indiscreto e una ragazza mozzafiato che farebbe perdere la testa a chiunque, compromettendo anche quegli equilibri considerati più solidi e ricordando che non si può mai dare niente per assodato. Così, ogni piano iniziale viene smontato dal side b di Matilda Anna Ingrid Lutz e poi l’imponderabile (il cinema) ci mette lo zampino (anche più di uno), con le ferite che si aprono nell’animo e successivamente nel fisico, con gli addomi che si squarciano e il sangue che schizza, a ripetizione.
Premesso che la trama è esile, ma comunque sufficiente per un titolo di questo tipo, la sceneggiatura è proprio sbullonata, tracotante da quanto è spudorata nei travasi (la rinascita di Jen, le allucinazioni da peyote) e subdolamente superficiale per evitare che tutto si esaurisca al primo incrocio pericoloso.
Così facendo, alza la posta in gioco, diventando sempre più truce, con il principale vezzo estetico rintracciabile in una serie di zoom focalizzati su elementi disgustosi, ricreati con effetti artigianali e centrati con pregnanza di significato, tra la marcescenza degli uomini e le ferite, da aprire o rimarginare mediante metodi già obsoleti un secolo fa.
Anche i singoli duelli godono di un discreto gusto della scansione, soprattutto l’ultimo, ma già superare la prima ora intatti non è così scontato e imboccare l’ingresso giusto per afferrare le intenzioni principali del regista è come fare un terno al lotto.
Alla fine, Revenge tira dritto per la sua strada, che poteva tranquillamente giovarsi di una lunghezza più ragionevole (108 minuti sono decisamente eccessivi), noncurante di una qualsivoglia logica, giocando il tutto per tutto sulla via dell’eccesso, con un trio di protagonisti maschili inani e la rivincita del sesso debole per mano di Matilda Anna Ingrid Lutz, una provetta Lara Croft, che di punto in bianco (o in acido) attiva neuroni nascosti e diventa una guerriera (e non solo) inarrestabile.
Tra banalità sconfortanti, ettolitri di sangue e uno sparuto numero di riprese al fulmicotone, il bilancio rimane fortemente in deficit.
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