Regia di Michele Soavi vedi scheda film
Per essere un film tv, è venuto bene. Su un eroe dell’antimafia come il magistrato Rocco Chinnici, ucciso proprio perché non era un uomo ingiusto: non si riusciva a comprarlo, come invece è stato possibile con molti altri.
Il film coniuga l’interesse per il vasto pubblico, anche femminile, per via dell’approfondimento delle implicazioni sentimentali ed emotive, con una ricostruzione seria, onesta e forte, per nulla annacquata, del valore morale della resistenza antimafiosa.
Perché di resistenza bisogna parlare: infatti è chiaro, anche per la corretta ricostruzione storica del soggetto, che la classe dirigente era (in maggioranza è ancora) solidamente mafiosa, o ben più partigiana della mafia che non della legalità. Così, e solo così, si può capire lo spaventoso isolamento che ha portato tutti quegli eroi (prima e dopo di lui, anche), ad essere sterminati dalla mafia.
Memorabile il litigio con tale Barra, chiara talpa dei criminali dentro il palazzo di giustizia. Oltre ai numerosi corrotti in Procura, il film correttamente ricorda il ruolo storico che la Dc ebbe nell’appoggiare la mafia e nell’affossare gli onesti. Idem dicasi per la massoneria. E pure tanti imprenditori furono assai determinati nel prendere vantaggio dalla mafia, e nell’avvantaggiarla.
La storia, ben immersa nella vita quotidiana della gente comune e dei suoi affetti, è robusta. Non è semplificata, né banale. Nemmeno per altri problemi dell’epoca (fine anni ’70 inizio anni ’80), come i morti di eroina.
Castellitto recita benissimo una parte a tutto tondo, dove l’ossessione del bene comune si sposa felicemente con le sue caratteristiche morali. Anche di padre geloso e apprensivo, come difficilmente non può capitare a un magistrato esposto a tali rischi.
L’atmosfera familiare, che sconfina nel tragico, non è affatto retorica, e contribuisce a tratteggiare un ritratto credibile, umanamente autentico, e lodevolissimo per le alte aspirazioni etiche e politiche, incarnate così bene, pur con tutti i rischi che ciò ha comportato. Che sono stati minori, comunque, del premio interiore della coerenza per l’interesse collettivo. Altrimenti questo magistrato sarebbe vissuto male, come non avrebbe potuto accettare da sé stesso.
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