Regia di Valeria Bruni Tedeschi vedi scheda film
Il cinema di Valeria Bruni Tedeschi è tutta autobiografia romanzata. La regista e attrice italiana infila le mani nel sacco dei suoi ricordi di vita, li afferra e li plasma trasformandoli in racconti. A questa regola non sfugge nemmeno I villeggianti, nato dalle sensazioni generate in lei dalla visione di un filmato in Super8 di una vecchia vacanza famigliare.
Come nelle immagini, tutto ha luogo in una splendida villa sulla Riviera francese in cui ogni estate si riunisce la famiglia di Anna, una regista e attrice che poco prima della partenza riceve dall’amato Luca, un collega più giovane di lei, la notizia della presenza di una terza persona nel loro legame. Per tale ragione, Luca decide di non partire all’ultima momento e lascia che Anna si presenti da sola dai suoi cari con la promessa di raggiungerla prima o poi. Tale promessa per la nevrotica Anna si trasforma presto in ossessione: tempesterà Luca di chiamate e messaggi in segreteria, cambiando in base allo scorrere degli eventi tono e contenuto.
A destinazione, Anna ritrova la figlioletta adottiva Célia, una bambina nera testimone e spettatrice dell’opera cechoviana messa in scena dai parenti. In loco, Anna è chiamata a relazionarsi con la madre Louisa, con la sorella Elena e con il ricordo ingombrante del fratello Marcello, morto da qualche tempo a causa dell’Aids. A completare il gruppo concorrono poi Jean, il compagno di Elena, e il suo assistente Stanislav, un’anziana parente e la sua badante, e Bruno, il vedovo di un’amica di Louisa di cui si devono spargere le ceneri. Tutti i componenti della famiglia si relazionano inoltre con i domestici della villa, desiderosi di discutere dei tempi liberi, e con i cinghiali che senza barriere arrivano fin sotto le porte di casa.
Anna, partita dopo che un suo progetto è stato rispedito al mittente per rimettere mano alla sceneggiatura, attende oltre a quello di Luca gli arrivi della cosceneggiatrice Nathalie e dell’attore protagonista del film che, inevitabilmente, si farà, dal momento che sono state fissate già alcune date. Ciò che i suoi famigliari non sanno è che il lungometraggio parlerà del fratello Marcello, cosa a cui Elena è fermamente contraria.
Giocando con la sua vita di donna, madre, attrice e regista, Valeria Bruni Tedeschi con I villeggianti riflette sul tema della solitudine, silente compagnia dei componenti della sua famiglia. Lo evidenzia sin da subito quando Bruno, per far ridere la piccola Célia, le fa notare come nessuno si accorge degli altri: tutti sono presi dal proprio ego e dai propri segreti per capire che l’universo accanto al loro va avanti. Vivono tutti nel ricordo di qualcosa che è stato e che con lo scorrere del tempo è diventato marcio o è svanito. Hanno deciso che al di là della villa non c’è nient’altro e nemmeno la morte li spaventa. Lasciare durante un pranzo di famiglia riemergere vecchi segreti sempre taciuti, stupri silenziati e aborti mai confessati, fa capire come il non detto prevalga tra le mura di una casa che, nel nome delle apparenze o del buon gusto, ha sacrificato sentimenti, legami e sogni. Anna, vittima di tale sistema, è diventata fin troppo sincera nei confronti di tutti: tratta in maniera critica la sorella, va oltre il desiderio del fratello (che in sogno la invita a non andare avanti con il film) e sottovaluta come il fossato della solitudine abbia bisogno di riempirsi di qualcun altro che non è Luca.
Quella che porta sullo schermo è una rivisitazione che non sembra avere rispetto di niente e nessuno, nemmeno delle persone più car. La sua concezione di cinema è piuttosto pratica: attinge ispirazione da ciò che ha realmente vissuto e che conosce bene. Chi conosce la biografia della sua famiglia, è consapevole del rischio personale che corre a ogni opera. Fortunatamente, riesce a declinare ancora una volta con delicatezza le sue tematiche e a regalare attimi di tragica comicità à la Charlie Chaplin. Non può infine mancare un accenno alla realtà in cui da donna è immersa: la mancata maternità, gli scontri di classe con una servitù che ha quasi preso il potere sui datori di lavoro, la difficoltà di reperire mezzi per realizzare un’opera che esuli dalla commedia da botteghino e il bisogno di trovare ispirazione. La capacità poi di prendersi in giro della Bruni Tedeschi trova in questo caso l’appoggio dell’ormai immancabile mamma, Marisa Borini, e di due attrici più in forma che mai: una sofferente Valeria Golino e una fin troppo silenziosa Noémie Lvovsky, nei panni rispettivamente di Elena e Nathalie, due donne speculari che tutto ciò di cui necessitano è l’amore di qualcuno per superare il freddo che fa.
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