Regia di Nicola Bellucci vedi scheda film
Cesare è un passeur esperto, ma non cosi abile da non essersi fatto già arrestare in passato dalle forze dell'ordine, trascorrendo in cella, tra le varie malaugurate occasioni occorse, pure il drammatico periodo di agonia della giovane moglie poi scomparsa.
Tornato libero, l'uomo continua la sua attività di traghettatore di cose, rifiutandosi tuttavia di accompagnare persone impegnate in problematiche di tipo migratorio: solo contrabbando, e sotto specifiche limitazioni, la sua attività di passeur che lo rende persona interessante per briganti e uomini di malaffare. Il giorno in cui l'uomo ritrova in stato di cadavere, sul greto di un fiume, il corpo di un suo parente a cui aveva lui stesso insegnato il mestiere, ecco che per Cesare tutto cambia, sospettato come si ritrova dalla polizia e coinvolto per la prima volta nel trasbordo di un gruppo di migranti.
Assieme all'uomo di grande esperienza, ecco il futuro uomo, colui che ha bisogno di apprendere e che appare sotto le sembianze del mite, ma risoluto, Sergio. L'esordio nel lungometraggio narrativo avviene per Nicola Bellucci proprio con questo "film di confine", che gioca col fascino di una scenografia naturale montana maestosa e pittoresca, che l'ex documentarista sa cogliere al meglio mettendo a frutto anni di esperienze come direttore di produzioni a taglio informativo. A cedere un po', per approssimazione o eccessiva tendenza al "non detto né rappresentato", appare la sceneggiatura del film, che spesso, così trattenuta o ridotta all'osso, non riesce né permette allo spettatore di impadronirsi dei dettagli utili ed indispensabili a rendere sciolto e scorrevole ol corso degli eventi, che, al contrario, soffrono di una eccessiva frammentarieta' e vaghezza, fino alla rivelazione finale, non completamente convincente, né tantomeno in grado di avvincere all'interno di in thriller dai toni sin eccessivamente smorzati.
Il film resta tuttavia un affascinante esordio nel cinema narrativo da parte del Bellucci, rafforzato, nel suo risultato complessivamente positivo, dalla presenza di un cast composito tra cui primeggiano due solidi interpreti di classe e rigore come Luigi Lo Cascio e lo svizzero- francese Bruno Todeschini. Il titolo, apparentemente bizzarro, in capo al film, si riferisce ad una singolare prassi scaramantica esercitata dai passeur, quasi atta a scongiurar loro ogni noia o pericolo incipienti, sempre in agguato. E comunque anche in questo caso, come nei libri di Francesco Biamonti dedicati al flusso clandestino dei contrabbandi tra Francia ed Italia nella zona tra Ventimiglia e Mentone dell'ultimo cinquantennio del secolo scorso, emerge una figura poetica e dolente di un passeur gentiluomo che sa di peccare, ma lo fa con dignità e senso del sacrificio in grado di elevarlo al rango di eroe sacrificale e destinato a darsi per il bene altrui, senza pretendere riconoscenze né rivalutazioni postume.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta