Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
rifugiatisi(o reclusi)in un castello/fortezza abbarbicato su un colle , una madre col figlio e la governante passano le loro giornate. dovrebbe essere un posto in cui ritemprarsi dal logorio della città e invece sprofonda sempre più il nucleo familiare nel tunnel di un male oscuro. il figlio è stato vittima di un rapimento anni prima, con la richiesta di un riscatto miliardario, e non si è tutt'ora ripreso. nel mezzo della notte si sveglia urlando e ripetendo le stesse parole confuse, tra cui "i velieri". la madre, che non se la passa meglio e anzi scivola sempre di più nella depressione, chiede al medico che la segue di curare il figlio e non lei. il padre totalmente assente e sempre via per affari se non per le feste comandate, "appare" per telefono o attraverso regali spediti.
nel castello si respira un'atmosfera ristagnante e pericolosamente intasata di microbi infetti legati al rapimento e al decennio precedente conclusosi da poco, ma ancora lontano dal divenire gli anni 80 della milano da bere o dell'edonismo sfrenato.
amelio crea una lunga sequenza notturna splendida, in cui la madre nel pieno della notte cerca il figlio assente dal suo letto, ritrovandolo nelle soffitte abbandonate del castello seguendo una pista di fotografie fino ad un angolo oscuro, che ricorda un covo, dove il figlio si fa trovare imbavagliato. la madre in preda all''orrore si ritira coprendosi la bocca con le foto del figlio raccolte nel percorso come briciole di pane di una nota favola per bimbi.
nessuno è ancora riuscito a superare quel trauma e il figlio sembra intenzionato a farla pagare all'unico genitore presente, ritenendo l'altro assente, totalmente scevro da colpe. avendo come unico indizio del proprio rapimento la parola "velieri" legate al fatto che nelle tasche del bambino furono ritrovati pezzi di un modellino di veliero da bottiglia che portarono alla cattura del carceriere, come in un giallo psicologico dove per scoprire il colpevole bisogna risalire a traumi legati al passato, amelio porta il ragazzino, e con esso lo spettatore, al di fuori delle rassicuranti/soffocanti mura del castello, al posto dove il bambino fu ritrovato prigioniero e ostaggio. salvo poi far emergere una verità che il ragazzino non è ancora abbastanza grande per poter sopportare ed elaborare, ma che mette in discussione tutto il proprio mondo e il proprio operato, lasciandolo attonito in una lunga scena finale.
bella regia fluida e ben agganciata ad atmosferiche misteriche e gotiche e una buona direzione degli attori a cominciare dal bambino protagonista sapiente e incolpevolmente covata malefica.
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