Regia di Dan Bush vedi scheda film
Un fallito tentativo di accostare il gangster movie con l'horror. The vault non funziona come storia e, peggio, è molto mal girato nella seconda parte. Finale strillato e prevedibile, con chiusura a minaccia di sequel. Cinema americano, di quello peggiore.
Una rapina in banca si rivela inizialmente essere ben poco fruttuosa per un gruppo di delinquenti. Tra questi Leah (Francesca Eastwood) e Vee (Taryn Manning), sorelle di Michael intenzionate a dare supporto a quest'ultimo per consentirgli di sanare così una brutta condizione economica. Su consiglio del vice dirigente (James Franco) i rapinatori vengono però inaspettatamente indirizzati in un caveau contenente la bellezza di sei milioni di dollari. Ma qui, oltre ai soldi, il gruppo incontra una indefinita quantità di spettri. Sono le vittime di un sanguinario rapinatore, che nel 1982 -sotto assedio dalla polizia- ha compiuto una strage nell'istituto, torturando e uccidendo senza pietà impiegati e ostaggi.
Il poco interessante regista Dan Bush ci aveva già provato e riprovato: prima con il brutto The signal (2007) poi con FightFuckPray (2008) e ancora con The reconstruction of William Zero (2014). Al netto di un'altra manciata di corti, arriva a scrivere e dirigere anche questo inguardabile The vault. Film di medio budget (circa cinque milioni di dollari) nel quale presenzia un'insipida (e antipatica) figlia di Clint Eastwood (ovvero Francesca) in un ruolo da protagonista. La prima mezz'ora, anche se annegata nel cliché tarantiniano della scontata rapina in banca, ha un discreto ritmo e tiene piuttosto alta l'attenzione, poi quando la storia passa sul piano del paranormale procede a stento, tra brutti interni, una scarsa fotografia, dialoghi penosi, risvolti psicologici impossibili e riprese scadenti, realizzate con il solo fine di giungere al metraggio della canonica ora e mezza. Un effetto splatter ben fatto (effettuato con trapano) affiancato ad un altro gore (un viso dimezzato, causa colpo di fucile) non è certo sufficiente a giustificare la spesa del budget.
Ai tempi d'oro del cinema italiano Deodato, Lenzi, Castellari, Fulci o D'Amato, con cinque milioni di dollari avrebbero realizzato almeno dieci film, cento volte migliori di questa roba, inadatta come riempitivo anche per una seconda serata televisiva. E il bello è che The vault ha trovato diffusione pressoché internazionale, arrivando anche da noi direttamente in home video. Perché i film più sono brutti (ma americani) e più ce li ritroviamo di fronte in bluray, dvd o su qualche pay tv. Più avanti, c'è da scommetterci, girerà senza sosta sui canali free.
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