Regia di Rick Ostermann vedi scheda film
VENEZIA 74 – ORIZZONTI
Cosa spinge un uomo non più giovane ad abbandonare ogni aspetto della propria agiata vita precedente (di cui ci vengono fatti conoscere appropriatamente i tratti distintivi), la propria famiglia, o ciò che di essa resta, per andare a vivere come un eremita in cima ai monti, occupando una baita sommersa dalla neve in un posto impervio di una località montana ove imperversano condizioni metereologiche non certo semplici per una vita umana?
Arnold, che qui si è recato con il suo fedele cane, è stato spinto da una disgrazia in famiglia, che ha fatto seguito alla mai condivisa decisione del figlio di arruolarsi nelle forze armate tedesche dirette in Medioriente ed impegnate in missioni tattiche ed umanitarie. Morto in missione poco dopo, e sconquassato quel che resta del nucleo familiare, l’uomo ha deciso di sfidare se stesso acquistando una baita sperduta tra i monti.
In quel posto desidera affrontare le difficoltà climatiche come uno sprono a riacquistare uno stimolo di vita, abbandonando le ipocrisie della folla cittadina e rifuggendo gli atteggiamenti falso-cortesi, ma di pura circostanza, di parenti ed amici che non riesce più a gestire.
La vita aspra di montagna indurrà l’uomo a fronteggiare una minaccia occulta e misteriosa rappresentata da un individuo che rivendica il domicilio di fortuna che si era precostituito nella baita, da anni abbandonata alla solitudine della valle.
Per Arnold si tratterà di affrontare un vero e proprio corpo a corpo, come un duello che, da ex uomo razionale, posato e pacifista, gli farà comprendere come i propri ideali fossero solo un comportamento di circostanza, e di come concetti ampiamente rifuggiti quali aggressione e attacco, siano una sorta di istinto insito nella natura umana, ogni volta che l’ambiente o le circostanze intervengono a minacciare la propria reale incolumità, addolcita o sterilizzata dall’ovattato e fuorviante condizionamento della società civile.
In Krieg, ovvero “guerra”, il regista tedesco Rick Ostermann ci introduce con efficacia e crudo realismo in una trappola montana ove una rivalità dai contorni misteriosi, riaccende nell’uomo pacifico e razionale, quell’impeto di sopravvivenza e quell’aggressività animale, quello stesso vitale istinto di sopravvivenza in grado di fare la differenza laddove l’ostilità del clima e la minaccia incombente necessitano di soluzioni concrete per mantenere la priorità e sopravvivere.
Ecco allora che l’animale che rinasce dentro l’uomo posato e razionale, la creatura che egli stesso riteneva essere ormai appannaggio di altri tipi di umanità, completamente differenti ed estranei dal proprio, diventa l’unico appiglio utile, oltre che necessario, non solo per assicurarsi la sopravvivenza, ma altresì per comprendere ciò che il suo stesso figlio tentava da tempo di fargli capire e che lui comodamente rifuggiva col presupposto di una razionalità rassicurante e fin troppo comoda sui cui ripararsi o farsi scudo.
Krieg racconta con efficacia e lucidità un percorso che diviene un calvario di sopravvivenza, non solo fisica, ma anche e soprattutto morale, destinato a mettere in luce la razionalità animalesca e sconosciuta che assume l’individuo una volta messo di fronte alle insidie palpabili legate alla sopravvivenza.
Ottimo il protagonista, interpretato con intensa veemenza dall’attore Ulrich Matthes, volto noto e dallo sguardo “perforante”, assai ricorrente nella recente filmografia germanica dell’ultimo decennio.
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