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Fellini Satyricon

Regia di Federico Fellini vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Fellini Satyricon

di yume
10 stelle

Petronio e Fellini s’incontrano a distanza e si riconoscono. In fondo cos’era stato La Dolce Vita se non prove tecniche di trasmissione di questo pazzo corteo di maschere guidate dalla Dea Fortuna nel Satyricon?

 

 

Roma. Prima di Cristo. Dopo Fellini.”

 

Frase di lancio originale nel 1969, il film fu preceduto, accompagnato e seguito da una grande campagna pubblicitaria e mediatica. Oggi il Satyricon secondo Fellini sopravvive alle mode, non teme l’oblio, anche se il film non è stato visto nè letto il libro di Petronio.

La parola è entrata in circolo nell’ inconscio collettivo, quasi un meme.

E’ un classico, e molto lo rappresentano le ultime due proposizioni di Calvino:

 

13. E' classico ciò che tende a relegare l'attualità al rango di rumore di fondo, ma nello stesso tempo di questo rumore di fondo non può fare a meno.

14. E' classico ciò che persiste come rumore di fondo anche là dove l'attualità più incompatibile fa da padrona.

 

Perché scegliere Petronio e il suo romanzo?

 

L’analogia c’è - rispose Fellini intervistato - ma non è stata voluta in modo consapevole. Si potrebbe dire per esempio che quella di Petronio è una società al tramonto alla quale seguirà un’epoca nuova, quella cristiana, con un indirizzo nuovo, un linguaggio assolutamente sconosciuto, che lascia gli uomini in un profondo smarrimento. Lo stesso smarrimento, forse, la stessa golosità di vivere, la stessa ricerca sgangherata di oggi di fronte alla sensazione che si sta verificando un mutamento molto profondo, al quale la nostra generazione non è preparata (e che perciò resta sull’altra riva a guardare delle forme confuse, che oggi possono essere la rivolta dei giovanissimi e tutto ciò che i giovani rappresentano o tendono a rappresentare: e che ieri, per i pagani potevano essere i primi cristiani. I due protagonisti, Encolpio e Ascilto, quei due scavezzacolli, dalla vita totalmente sgangherata, con i loro sogni panerotici, sembrano due hippies.

La somiglianza salta agli occhi. Trimalcione è l’industriale arricchito, un gran parvenu. Di Eumolpo s’è detto. È un letterato d’oggi, cinico, dissipato, al servizio dei potenti, con in fondo però una fede nella poesia.

Anche oggi non possiamo capire i giovani in rivolta, la loro cosiddetta contestazione globale, che poi non è altro che una propostadi cambiare il rapporto con la vita. E infatti come si risponde? Con quali argomenti? Con argomenti che fanno parte del vecchio mondo che loro contestano. Ma loro vogliono idee nuove, un cuore nuovo, polmoni nuovi …”

 

Prismatico, surreale e iperreale, non bastano aggettivi per definire il Satyricon secondo Fellini, film dei suoi anni d’oro che d’oro furono anche per molti.

Era il 1969, speranze, sogni, fiori nei cannoni ecc.

 

La prima proiezione del film negli Stati Uniti a New York nel mese di dicembre presso il Madison Square Garden alla fine di un concerto rock  fu un momento indimenticabile:

“ Era uno spettacolo stupendo quell’armata di hippies. Imprevedibilmente, misteriosamente, in quell’ambiente fra i più improbabili, Satyricon sembrava aver trovato una sua naturale collocazione. Non pareva neanche più mio nell’improvvisa rivelazione di un’intesa così segreta, di legami tanto sottili e mai interrotti, fra l’antica Roma della memoria e quel pubblico fantastico dell’avvenire” ( in G. Grazzini, Federico Fellini. Intervista sul cinema, 2004)

 

Film con cui la critica ha lottato a lungo e su posizioni divergenti, con l’imbarazzo di doverlo collocare nella filmografia cangiante e mutevole del regista e con la difficoltà nel capire i rapporti con il testo di Petronio, Fellini – Satyricon fu il ritorno dopo quattro anni di assenza e di crisi, un momento importante di svolta verso una dimensione totalmente onirica del racconto, un bisogno di mettere in scena la visione di un mondo che era impossibile raccontare con le parole di una volta.

 

 “Per dare al film un senso di estraneità, ho adottato un linguaggio onirico, una cifra figurativa che abbia l’allusività e l’ineffabilità di un sogno”.

 

Parole di Fellini a Moravia molto esplicative per intendere la definizione di “galassia onirica” usata per un film che  trasferisce nel sogno del mondo antico la fantasia di un uomo moderno,ne maschera le inquietudini con la stessa rutilante fantasmagoria visiva e narrativa dell’antico “romanziere”, trova in quel basso Impero prossimo alla catastrofe le tracce di una storia ciclicamente destinata a ripetersi nel presente, gli uomini e le donne si somigliano, pulsioni, libidini, sogni e delusioni sono gli stessi.

Come per Petronio, il supremo valore è però il “distacco”, l’autore si nasconde dietro il testo, non esprime giudizi morali, mira alla pura rappresentazione.

 

La chiave di lettura onirico/psicanalitica prevale su quella politico/sociale da Satyricon in poi. Angosce e ossessioni, ricordi d’infanzia, rimozioni impossibili e depositi mnestici, persone reali trasfigurate in maschere, alterazioni prodotte sul reale dagli specchi deformanti del sogno, d’ora in poi saranno in modo dichiarato base della sua poetica.

Era sempre stato così nei suoi film, fin dagli esordi, ma con Satyricon si arriva al testo programmatico, e quella “ininterrotta seduta psicanalitica” che è il suo cinema ha l’imprimatur definitivo, anche dalle parole dell’autore.

 

“ Durante la convalescenza dalla pleurite allergica avevo riletto Petronio ed ero rimasto affascinato da un particolare che prima non avevo saputo notare; le parti mancanti, cioè il buio, fra un episodio e l’altro. Già a scuola, quando si studiavano i pre-pindarici, avevo cercato di riempire con l’immaginazione il vuoto fra i vari frammenti. 

Ma quella faccenda dei frammenti mi affascinava davvero. Mi colpiva l’idea che la polvere dei secoli avesse conservato i battiti di un cuore ormai spento. Convalescente a Manziana, nella bibliotechina di una pensione, mi capitò in mano Petronio: tornai a provare una grande emozione. Mi fece pensare alle colonne, alle teste, agli occhi mancanti, ai nasi spezzati, a tutta la scenografia cimiteriale dell’Appia Antica o in generale ai musei archeologici. Sparsi frammenti, brandelli riaffioranti di quello che poteva anche essere considerato un sogno, in gran parte rimosso e dimenticato. Non un’epoca storica, filologicamente ricostruibile sui documenti, positivisticamente accertata, ma una grande galassia onirica, affondata nel buio, fra lo sfavillio di schegge fluttuanti, galleggianti fino a noi. 

Mi pare di essere stato sedotto dall’occasione di ricostruire questo sogno, la sua trasparenza enigmatica, la sua chiarezza indecifrabile. Con i sogni, appunto, succede la stessa cosa. Essi hanno dei contenuti che ci appartengono profondamente, attraverso i quali noi esprimiamo noi stessi, ma alla luce del giorno il solo rapporto conoscitivo che possiamo avere con essi è di natura concettualistica, intellettuale. Per questo i sogni appaiono alla nostra coscienza così sfuggenti, incomprensibili ed estranei. Il mondo antico, mi dissi, non è mai esistito, ma non c’è dubbio  

che ce lo siamo sognato. Lo sforzo sarebbe stato quello di annullare il confine fra sogno e fantasia, di inventare tutto e poi oggettivare questa operazione fantastica, distaccarsene, per poterla esplorare come qualcosa allo stesso tempo di intatto e irriconoscibile”

(1983, intervista rilasciata da Federico Fellini a Giovanni Grazzini)

 

Film multiforme, arduo, complesso come la sua fonte letteraria, Fellini – Satyricon è prosimetro e plurilingue come il testo petroniano, il registro aulico convive con il vernacolo dei bassifondi, il latino e il greco dei clerici vagantes subisce frequenti variazioni dalla forma classica, lingue orientali e dialetti regionali formano un impasto sonoro globale in accordo con il sound curato da musicisti eclettici e ispirati, una striscia sonora che lega passato e presente senza soluzione di continuità, mentre il repertorio iconografico sembra uscire da icone bizantine, dai ritratti del Fayyum o dai bozzetti disegnati a mano libera dal regista.

 

Capucine

Fellini Satyricon (1969): Capucine

 

Scritto con Bernardo Zapponi, Fellini - Satyricon vanta credits memorabili e un cast eccellente, scelto fuori dallo star sistem più celebrato,conMagali Noël nella parte di Fortunata moglie di Trimalcione, Marcello Di Falco il Proconsole, l'uomo che aiuta nel rapimento dell'ermafrodita, il duo Joseph Wheeler Lucia Bosè la coppia aristocratica suicida, Alain Cuny,  l'avido Lica e Capucine ,Trifena, sua amante,il grande clown Fanfulla, un Vernacchio laido e stravagante, Salvo Randone, Eumolpo, poeta vagabondo e geniale, e Mario Romagnoli, titolare di una nota trattoria romana, un Trimalcione perfettamente reincarnato.

Infine il trittico omosessuale Hiram Keller,Ascilto e Max Born, l’etereo efebo/schiavo Gitone,poli di attrazione in mezzo ai quali si muove Martin Potter, un Encolpio colto e dotato di raffinato senso estetico, personaggio modernissimo, lacerato e in cerca di sé fra i rantoli di un mondo vicino alla fine.

 

Martin Potter, Max Born

Fellini Satyricon (1969): Martin Potter, Max Born

Lo staff tecnico-artistico ha lasciato il segno nella storia di Cinecittà, con i set costruiti per le riprese del film, la fotografia di Giuseppe Rotunno  che ritrae con sapienza interni ed esterni, giorni e notti, realtà e allucinazioni oniriche, la scenografiadi Luigi Scaccianoce e la direzione artistica di Giorgio Giovannini chesi tuffano nella Roma che tutti abbiamo sempre conosciuto, sporca e libertina, viziosa e radiosa, trasteverina e papalina, la Roma di sempre, da Romolo e Remo a oggi,e poii sontuosi costumi di Danilo Donati, l'hair styling di Luciano Vito e il make up di Rino Carboni.

Infine, il fedelissimo Nino Rota che collabora con musicisti come Tod Dockstader, Ilhan Mimaroglu, e Andrew Rudin per una colonna sonorache evita coinvolgimenti emotivi e favorisce straniamento e distanza critica, qualcosa che spazia dal Kabuki giapponese al folklore tunisino e afgano, camerunese e tibetano con l’apporto di arie tzigane, inni buddisti e brani di Webern.

 

 

SINOSSI

 

Gitone, bellissimo efebo schiavo di Encolpioè stato rubato da Ascilto, che poi l’ha venduto ad un attore di nome Vernacchio. Encolpio è sconvolto per la perdita ma un terribile terremoto che distrugge la sua casa lo costringe a girare profugo in cerca di Gitone e di sopravvivenza.

Iniziano così le sue peripezie tra Roma e il litorale dal Lazio fino alla Magna Grecia, e il banchetto nella splendida magione romana del liberto arricchito Trimalcione è al centro del suo peregrinare avventuroso, condito da ogni sorta di esperienze, compreso un duello con un gladiatore travestito da Minotauro. Arrivato alla nave del pirata Lica al servizio dell'imperatore incontra di nuovo Gitone ed Ascilto, riprende con sè il fanciullo e tra avventure di ogni genere, comprese  violenze carnali e rapimenti, si arriva alla morte di Ascilto. Encolpio cade in depressione, Ascilto era stato suo grande amico, purtroppo cinico e baro, ma la perdita è comunque dolorosa. Non gli resta allora che imbarcarsi col poeta Eumolpo che nel testamento, in prossimità della morte, lascia i suoi beni a chi si nutrirà della sua carne.

Il cannibalismo non rientra fra le opzioni di Encolpio che va via e si imbarca su una nave diretta verso un’isola greca misteriosa.

 

FELLINI versus PETRONIO?

 

Cosa cambia e cosa resta fra i due grandi narratori di storie?

Non è questa la sede di una discettazione filologica, un film vive di luce propria e si affranca da ogni legame con precedenti illustri, come un bravo figlio da un buon padre.

Ne conserva però l’eredità genetica, Petronio e Fellini s’incontrano a distanza e si riconoscono.

In fondo cos’era stato La Dolce Vita se non prove tecniche di trasmissione di questo pazzo corteo di maschere guidate dalla Dea Fortuna nel Satyricon?

La Roma di Nerone, delle Poppee assatanate di sesso e delle Agrippine in odore di incesto pur di comandare al posto del figlio, dei poeti/satiri dalle toghe sudate svolazzanti nel Foro in cerca di ingaggi, del fetore della Suburra e dello sfarzo delle ville patrizie, degli schiavi e dei padroni, dell’inflazione galoppante e della svalutazione dell’aureo e del denario d’argento, fino al tracollo definitivo dopo Diocleziano, sono gli antenati illustri della Roma di Via Veneto, dei paparazzi e delle feste a tirare l’alba, dei parvenues e dei nobili decaduti, degli intellettuali depressi che ammazzano figli innocenti e del boom economico sotto cui covava un’inflazione sotterranea.

Encolpio e Marcello, fratelli di latte, entrambi ubiqui e inafferrabili, come i loro autori, guidano lettori e spettatori in questo Museo della Storia.

Straripamento sensuale”, così Flaubert chiamò il Satyricon, ma realismo comico è forse definizione più pertinente ed è quella che può riferirsi anche al prodotto felliniano.

L’ironia è il loro registro, più del visionario e del fantastico. Il lettore/spettatore è chiamato a decodificare, l’impresa è ardua.

Da ciò l’incomprensione, spesso la critica negativa.

Lettura di nicchia, usare con cautela.

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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